Parole e immagini appaiono ovunque nelle pareti e sui muri di agglomerati urbani e luoghi di transito. Fin dalla preistoria, l’uomo ha sentito l’esigenza di lasciare un segno visibile del proprio passaggio nell’ambiente che lo circonda. Forme, mezzi, tecniche e fini si sono evoluti e il patrimonio artistico e archeologico dell’Italia offre la possibilità di esplorarne i mutamenti; dalle incisioni rupestri dell’uomo preistorico ai graffiti lasciati dai soldati nelle trincee friulane durante la Prima guerra mondiale; dalle opere dei grandi artisti contemporanei come Banksy al muralismo di denuncia; dal writing legato al mondo dell’hip hop alla street art che riqualifica periferie e borghi abbandonati. 

Sulle Alpi lombarde troviamo le prime tracce di graffiti in una delle più vaste collezioni europee: la Valcamonica è stato il primo sito Unesco italiano grazie alle centinaia di migliaia di petroglifi che raffigurano la vita quotidiana e i riti dell’uomo preistorico. 

Il termine graffito abbraccia davvero millenni di storia. Disegni e iscrizioni incisi su superfici sono preziose testimonianze che ci permettono di saperne di più di civiltà antiche: come gli Etruschi, che li realizzavano nelle tombe, o gli antichi Romani. Gli scavi di Pompei continuano a portare alla luce slogan elettorali e pubblicità, oltre a moltissime immagini esplicite, giochi di parole e indovinelli. 
Questa “tradizione” non si è fermata con il passare dei secoli: proprio durante il lockdown, le archeologhe del Parco del Colosseo hanno creato un percorso tematico insolito che porta alla scoperta delle storie della Roma medievale attraverso i graffiti lasciati da operai e abitanti dell’area limitrofa all’anfiteatro che, tra il XII e il XVII secolo, era diventato quasi un quartiere abitativo e una cava. 
A Palazzo Steri, a Palermo, invece, sono stati rinvenuti disegni e iscrizioni realizzati dai prigionieri in attesa di giudizio dal Tribunale della Santa Inquisizione, tra cui alcune donne accusate di stregoneria.

Oggi, quando si parla di graffiti viene subito alla mente il movimento nato nei quartieri periferici delle grandi metropoli americane degli anni Sessanta con i tag, le firme in codice che gli artisti realizzavano illegalmente. Con il tempo, queste scritte fatte con le bombolette sono diventate sempre complesse ed elaborate fino a diventare astratte, maturando stili e correnti ed entrando poi nei circuiti artistici internazionali con figure del calibro di Keith Haring, la cui ultima opera realizzata prima della morte è ancora visibile a Pisa, sulla parete esterna di un complesso monastico. Milano, Bologna e Roma diventarono centri importanti nel panorama del graffitismo italiano. 

Nella seconda metà del Novecento, altre forme espressive si sono sviluppate nella Penisola, prendendo spunto dal muralismo messicano e dall’arte urbana figurativa oggi particolarmente in voga. Hanno cambiato il volto delle città e occupato luoghi pubblici e privati in modo legale, valorizzando gli spazi e generando un grande interesse. Sono centinaia, per esempio, i borghi e i piccoli paesi dipinti che oggi formano una vera e propria rete: tra gli esempi più pregevoli ci sono Dozza, sui colli bolognesi, Arcumeggia (in provincia di Varese), Diamante in Calabria e Orgosolo, comune sardo della Barbagia.

A dare notorietà a questi luoghi sono stati la creatività di artisti e l’impegno civico e politico di associazioni locali. Attraverso immagini e parole, i murales affrontano spesso tematiche di denuncia sociale e ambientale, ricordano eventi e personaggi storici e cercano di intavolare un dialogo con l’osservatore. E per il loro valore estetico aiutano anche a promuovere il turismo in località prima tagliate fuori dagli itinerari turistici classici.  

L’arte di strada oggi è parte integrante di progetti di riqualificazione che stanno rigenerando luoghi spopolati e aree periferiche e degradate, promuovendo l’inclusione e la partecipazione di comunità marginali e giovanissimi. Un ex polo industriale torinese (dove sorgevano gli stabilimenti di Fiat e Michelin) è stato trasformato in un parco, con ampie zone verdi e aree dedicate agli artisti di strada. La Regione Puglia ha stanziato ben quattro milioni di euro per la “valorizzazione, promozione e diffusione della Street Art” in più di 90 Comuni.

La natura effimera di queste forme espressive rendono difficile capire cosa  rimarrà ai posteri ma oggi ci possono aiutare a interagire con lo spazio che ci circonda offrendo spunti di riflessione sulla società e l’epoca che stiamo vivendo.