PECHINO - La Cina ha ufficializzato, tramite un documento pubblicato dal Global Times, la sua nuova strategia per l’America Latina e i Caraibi, inaugurando una “nuova era” che punta a sostituire l’influenza occidentale con un modello alternativo. Secondo l’analisi del Miami Strategic Intelligence Institute (MSI2), il testo di 28 pagine rivela un desiderio esplicito di stabilire un nuovo ordine mondiale, utilizzando le Nazioni Unite come piattaforma principale per dare voce al cosiddetto “Sud Globale”.
La strategia economica di Pechino non punta a una semplice riforma, ma a una trasformazione radicale delle regole che hanno governato il mondo finora. Il documento cinese è esplicito: l’intenzione è quella di “ricominciare tutto da zero”, abbandonando le vecchie strutture finanziarie internazionali per riscrivere profondamente il funzionamento del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale.
Per scardinare questo sistema, la Cina intende agire dall’interno delle singole nazioni, cercando di aumentare la propria influenza attraverso legami sempre più stretti e diretti con le banche centrali latinoamericane. Questo coordinamento serve a preparare il terreno per l’obiettivo strategico finale: la dedollarizzazione.
Pechino sta infatti spingendo con forza per eliminare la dipendenza dal “biglietto verde”, promuovendo scambi commerciali e prestiti a lungo termine - anche in settori strategici come il petrolio e il gas - e regolarli esclusivamente in moneta locale.
Il piano d’azione cinese si estende con decisione anche alla dimensione della difesa, delineando una presenza militare sempre più strutturata nell’emisfero occidentale. Pechino punta a normalizzare la propria influenza attraverso operazioni congiunte, che prevedono visite regolari di navi da guerra nei porti latinoamericani e programmi intensivi di addestramento del personale locale.
Per consolidare questa presenza in modo legittimo, la Cina intende sfruttare strategicamente la cornice delle missioni di pace delle Nazioni Unite, utilizzandole come piattaforma per stabilizzare la propria proiezione militare nella regione.
Sullo sfondo di questa manovra diplomatica, emerge una corsa frenetica all’innovazione della tecnologia bellica. Pechino sta investendo massicciamente nello sviluppo di armi laser, droni sottomarini autonomi e portaerei di nuova generazione progettate per la “guerra del futuro”. Si tratta di strumenti all’avanguardia che, secondo gli analisti, hanno il potenziale di ridefinire completamente gli equilibri navali e la sicurezza marittima anche nelle acque dell’America Latina.
Il piano d’azione cinese si estende con decisione anche alla dimensione della difesa, delineando una presenza militare sempre più strutturata nell’emisfero occidentale. Pechino punta a normalizzare la propria influenza attraverso operazioni congiunte, che prevedono visite regolari di navi da guerra nei porti latinoamericani e programmi intensivi di addestramento del personale locale.
Per consolidare questa presenza in modo legittimo, la Cina intende sfruttare strategicamente la cornice delle missioni di pace delle Nazioni Unite, utilizzandole come piattaforma per stabilizzare la propria proiezione militare nella regione.
Parallelamente, la Cina sta sviluppando armi laser, droni sottomarini e portaerei di nuova generazione progettate per la “guerra del futuro”, strumenti che potrebbero ridefinire gli equilibri navali anche in queste acque.
Pechino punta, inoltre, a ottenere una maggiore influenza nel settore dell’energia nucleare in America Latina. Questo si affianca al controllo dei settori energetici tradizionali (idrocarburi) e minerari. L’integrazione di tecnologie nucleari e infrastrutture critiche nei paesi latinoamericani è vista dagli esperti come un modo per legare tecnologicamente e politicamente la regione agli standard cinesi.
Mentre in passato la Cina si era concentrata sull’importazione di materie prime, la nuova dottrina sposta il baricentro verso settori ad alto valore aggiunto. Da una parte Pechino vuole essere il partner tecnologico di riferimento per i satelliti e le infrastrutture intelligenti, e dall’altra la Cina si presenta come un collaboratore pragmatico che investe senza imporre le riforme politiche o i vincoli democratici tipicamente richiesti dai creditori occidentali.
Attraverso l’allineamento con la Belt and Road Initiative, Pechino mira a costruire una “comunità dal futuro condiviso”. Tuttavia, dietro la retorica della solidarietà si cela un piano strutturale per aumentare l’ascendenza cinese sugli organismi finanziari e sulla sicurezza regionale, sfidando apertamente la tradizionale influenza degli Stati Uniti.
Il piano strategico cinese non è solo un accordo commerciale, ma sembrerebbe essere un tentativo di stabilire un nuovo ordine mondiale alternativo a quello occidentale, utilizzando l’America Latina come piattaforma e l’Onu come palcoscenico e sfidando apertamente la tradizionale influenza degli Stati Uniti. Per la regione, sebbene i benefici economici a breve termine possano sembrare attrattivi, i rischi potrebbero riguardare la sovranità a lungo termine, la sicurezza dei dati e la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini.