MADRID – Il premier spagnolo Pedro Sánchez ha affermato che non si dimetterà nonostante lo scandalo di corruzione che ha travolto il suo Partito socialista, ipotecando il futuro del governo di coalizione di minoranza. “Non getterò la spugna e andremo avanti”, ha detto Sánchez al Parlamento, ammettendo di aver pensato di dimettersi a causa della vicenda che coinvolge due ex pezzi grossi del Partito socialista (Psoe).

Nel contempo il premier spagnolo ha annunciato un piano anticorruzione elaborato con l’Osce. Il premier socialista ha dichiarato di aver effettivamente “considerato” le dimissioni e la convocazione di elezioni anticipate in seguito alle rivelazioni che hanno portato alla detenzione preventiva dell’ex numero tre del Partito socialista, Santos Cerdán. “Dopo aver riflettuto e ascoltato molte persone, mi sono reso conto che gettare la spugna non era un’opzione”, ha affermato Sánchez.

Il test sulla tenuta della maggioranza si è materializzato in una lunghissima seduta al Congresso dei deputati in cui Sánchez era chiamato a riferire sul caso corruzione. Il Premier è stato ricevuto in Aula dall’ostilità conclamata dell’opposizione - più volte i suoi interventi sono stati interrotti da grida e insulti da parte di esponenti della destra, con conseguenti richiami all’ordine - e dal nervosismo dei suoi alleati, stizziti per una situazione che rischia di mettere anche loro in cattiva luce rispetto ai propri elettori, pur se estranei alla vicenda.

Sánchez si è detto disposto a voler rimediare: “Vengo qui con una sensazione di profonda delusione, verso me stesso e soprattutto verso coloro di cui non avrei mai dovuto fidarmi”, ha esordito. Si è però anche definito come un “politico pulito” e, pur confessando di aver “valutato la possibilità” di dimettersi e convocare elezioni anticipate, come chiesto a gran voce dall’opposizione, ha detto di essere arrivato alla conclusione che “arrendersi non è mai un’opzione”.

Per convincere gli alleati parlamentari a mantenere l’appoggio, Sánchez ha quindi  annunciato un piano “ambizioso, onesto e realista” di lotta alla corruzione, elaborato “insieme all’Osce” (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa). Tra le misure elencate dal capo del governo figurano l’istituzione di un’“agenzia indipendente per l’integrità pubblica”, l’uso dell’intelligenza artificiale per individuare “segnali di frode” nella piattaforma di assegnazione degli appalti pubblici, controlli casuali dei beni sui funzionari di alto livello e il rafforzamento delle misure di protezione degli informatori.

L’intervento ha raccolto reazioni diverse tra le forze politiche. I partner di governo hanno mantenuto, per ora, un sostegno condizionato. La vicepremier Yolanda Díaz, leader della coalizione Sumar, ha ringraziato Sánchez per aver accolto 10 delle 15 proposte avanzate dal suo gruppo, ma ha chiesto che la lotta alla corruzione vada di pari passo con “una svolta sociale nella legislatura”.

Più fredda la reazione dei partiti indipendentisti - Sinistra repubblicana di Catalogna (Erc), Eh Bildu e Partito nazionalista basco (Pnv) -, avvertendo che “il sostegno non è scontato” e che l’esecutivo sarà giudicato dai fatti, non dagli annunci. Il portavoce del Pnv ha dichiarato che “la fiducia nel governo è in terapia intensiva”, mentre Uniti per la Catalogna (JxCat) ha ammonito che “l’esecutivo è in proroga, e le proroghe non durano per sempre”.

Dall’opposizione, il leader del Partito popolare (Pp), Alberto Núñez Feijóo, ha chiesto con forza le dimissioni del Premier, accusandolo di “essere rimasto alla Moncloa solo per calcolo personale” e parlando di “una delle pagine più tristi della storia democratica recente”. Ancora più dura la reazione di Vox. Santiago Abascal ha accusato Sánchez di voler “sfuggire alla giustizia” e ha parlato di un governo “complice dell’illegalità”. Nonostante le tensioni, Sánchez ha ribadito la sua intenzione di completare la legislatura.

“Governerò fino all’ultimo giorno se avrò la fiducia del Congresso. E se non ci sarà, non mi aggrapperò alla poltrona”, ha detto, rivolgendosi direttamente ai deputati. Il discorso di Sánchez ha evitato, per ora, una rottura immediata con gli alleati parlamentari, ma ha anche reso evidente quanto sia fragile il sostegno su cui poggia la legislatura.

Le prossime settimane saranno decisive: il primo ministro ha rilanciato con un piano ambizioso, ma solo la sua attuazione concreta potrà determinare se riuscirà davvero a voltare pagina o se il caso Cerdán segnerà l’inizio della fine del suo mandato.