BUENOS AIRES – “Sono depressi, tristi, spaventati”. Così Cristian Tosi, presidente della Sociedad de Socorros Mutuos Tricaricese di Monte Chingolo, nel conurbano Sud della Capital, descrive gli anziani che incontra nella sede, dove si trova anche un ambulatorio del Pami, la mutua dei pensionati.

“Sopravvivono grazie ai figli, altrimenti dovrebbero scegliere tra mangiare e comprare le medicine – dice –. Alcuni non hanno nemmeno un appoggio familiare. Se l’acquisto di medicinali non può essere rimandato, rinunciano alla cena. Molti abbassano la qualità della dieta”. Con il risultato che la salute peggiora e aumenta la necessità di cure. Un circolo vizioso che devono pagare di tasca propria.

Il Pami copre parzialmente il costo dei farmaci, che si comprano con uno sconto del 50, 70 o 100 per cento, ma quelli a rimborso totale sono sempre meno. 

Conferma Juan Manuel Tabarés, della commissione direttiva dell’associazione Napoli Eterna di Morón, nel conurbano Ovest di Buenos Aires. “Alcuni hanno rinunciato a partecipare alla attività dell’associazione per non spendere” ammette tristemente, perché ben conosce l’azione preventiva delle attività sociali e ricreative sulle funzioni cognitive.

“Le difficoltà riguardano praticamente ogni ambito della vita, non solo la salute – dice Micaela Bracco, direttrice nazionale del patronato Inas in Argentina –. Affitto, spese condominiali, luce, acqua e gas, trasporti e persino alimenti”.

Bracco ha scritto alle Nazioni Unite per denunciare la situazione di un “quadro economico e sociale devastante”, con una perdita del 19 per cento del potere d’acquisto dei salari. E l’inflazione che, dopo il rallentamento di aprile-maggio, in agosto è di nuovo in rialzo, più 4,2 per cento su base mensile.

“Secondo l’Indec, l’istituto nazionale di statistica, negli ultimi 12 mesi i prezzi sono aumentati del 297 per cento – dice – Si sono persi 180mila posti di lavoro e le pensioni sono insufficienti per sopravvivere”.

Il Difensore Civico per la terza età stima che la canasta básica (il paniere di beni e servizi minimi per non scendere sotto la soglia della povertà) di un pensionato è pari a 800mila pesos al mese, me la pensione minima in agosto ha superato di poco il 225mila pesos. Sono 6,5 milioni i pensionati (compresi quelli per invalidità) che si trovano in queste condizioni.

Secondo HelpAge International (una ong che si dedica al monitorare le condizioni delle persone anziane in diversi Paesi) il 75 per cento dei pensionati argentini sono poveri o indigenti.

“Non parliamo poi dei non autosufficienti – continua Bracco –. Una badante costa circa 350mila pesos al mese, a cui aggiungere il vitto e l’alloggio, la retta di una residenza protetta va dai 500mila ai 4,5 milioni di pesos”. Insostenibile per l’anziano o per la sua famiglia, a sua volta alle prese con la chiusura di un’attività economica o con la perdita di un impiego.

“Lo scenario è terrificante – dichiara Bracco senza mezzi termini – ma il presidente ha messo il veto su una legge che aveva l’obiettivo di mitigarlo, perché ritiene che un aumento di 14mila pesos al mese sulle pensioni, circa 10 dollari, tanto era previsto nel testo votato da Camera e Senato, non è sostenibile per il Paese”.  

Anziani e famigliari manifestano con la bandiera argentina (cortesia M. Bracco).

Il governo, scrive Bracco nella sua relazione alle Nazioni Unite, non rispetterebbe la Convenzione interamericana dei diritti delle persone anziane, peraltro sottoscritta dall’Argentina. “Calpesta i diritti più elementari: a un tenore di vita dignitoso, alla salute e alla mobilità, fino alla libertà di espressione e protesta” conclude.

Maria Rosa Arona, segretaria del patronato Inca, rincara la dose. “Il governo criminalizza la protesta – dice –. In due occasioni, il 29 agosto e l’11 settembre, i pensionati che manifestavano davanti al Congresso sono stati aggrediti con gas urticanti e manganelli”. In questa ultima occasione ci sono stati circa 12 feriti.

La ministra alla Sicurezza Patricia Bullrich obietta che alle marce non partecipano solo pensionati, ma anche sindacalisti e studenti.

“Certo, perché il problema non è solo degli anziani, ma coinvolge le loro famiglie, figli e nipoti – afferma Arona –. Diminuiscono i posti di lavoro contrattualizzati, in un paese che aveva una classe media solida, la più solida dell’America Latina”.

Oggi anche chi ha un lavoro non arriva a fine mese. “Lo vediamo nelle dichiarazioni dei redditi che facciamo noi al patronato – spiega Arona –. Pensioni e stipendi sembrano crescono in termini nominali, ma questo è un effetto dell’inflazione. Se calcoliamo l’equivalente in euro, ora valgono la metà”.

I giovani emigrano, spesso in Italia e Spagna grazie alla cittadinanza trasmessa da genitori e nonni. A questi ultimi non resta nemmeno questa opzione.   

Sugli anziani pesa anche una narrazione ostile, secondo la quale in Argentina è facile andare in pensione anche senza contributi completi, grazie alle sanatorie che si sono aperte negli anni.

“Su questo tema c’è stato un vero e proprio bombardamento mediatico ma la realtà è ben diversa – chiarisce Arona –. In Argentina il requisito per il pensionamento è elevato”. Trent’anni di contribuiti, con età minima di 60 anni per le donne e 65 per gli uomini, da valutare anche considerando la diversa aspettativa di vita rispetto all’Europa.

Non solo. “Visto la lunga storia di instabilità economica del paese – osserva Arona – non molte persone hanno una carriera professionale completa e per questo devono ricorrere a una sanatoria. Che comunque non è gratis, dal momento che sulla pensione erogata si applica una ritenuta che sarebbe l’equivalente dei ‘contribuiti volontari’ italiani”.

Ha collaborato Paula Llana.