WASHINGTON – Donald Trump blinda l’intelligence con la nomina di un altro fedelissimo. Il presidente-eletto ha infatti scelto Devin Nunes, l’attuale amministratore delegato del suo social Truth, come presidente del comitato di consiglieri sull’intelligence, creato durante la Guerra Fredda e di cui fanno parte privati cittadini incaricati di aiutare la Casa Bianca ad analizzare l’efficacia e la pianificazione delle agenzie di spionaggio.

La nomina di Nunes segue quelle di Kash Patel all’Fbi e Tulsi Gabbard all’intelligence nazionale. Scelte con le quali Trump intende avere il controllo delle agenzie che gli hanno creato non pochi grattacapi durante i suoi primi quattro anni alla Casa Bianca e anche dopo.

Nunes è un altro alleato di ferro del presidente-eletto e lo ha aiutato nei suoi panni di deputato durante lo scandalo del Russiagate, grazie anche all’aiuto di un documento allora segreto stilato da Patel, a quei tempi funzionario di quell’Fbi che ora si avvia a guidare.

Nunes è rimasto vicino a Trump anche dopo la sua uscita dalla Casa Bianca e alla fine del 2021 ha annunciato il suo ritiro dal Congresso dopo 19 anni per diventare amministratore delegato della Trump Media & Technology Group.

Il presidente-eletto continua a lavorare incessantemente alla definizione della sua squadra, e oltre a Nunes ha annunciato la nomina di Richard Grenell, il suo ex ambasciatore in Germania, a “inviato per missioni speciali”, un nuovo ruolo creato ad hoc per cui «lavorerà in alcune delle aree calde del mondo, inclusi il Venezuela e la Corea del Nord», ha spiegato Trump.

Per Grenell la nomina è una magra soddisfazione: l’ex ambasciatore ambiva infatti a essere segretario di stato, incarico che è andato invece al senatore Marco Rubio.

Il suo ruolo di inviato potrebbe però aiutarlo a evitare lo scrutinio del Senato per i lavori pagati per clienti esteri, inclusi progetti di sviluppo per hotel di lusso nei balcani insieme a Jared Kushner, il genero di Trump.

Dal 2023 gli inviati richiedono in alcuni casi la conferma del Senato, ma non è ancora chiaro se Trump e i senatori repubblicani decideranno che la sua posizione richieda o meno questo via libera.

È probabile che il presidente-eletto faccia pressione per evitarla al fine di risparmiarsi un altro controverso processo come quelli in corso per Gabbard e Pete Hegseth, nominato alla guida del Pentagono.

Trump continua a spingere le loro candidature, pur consapevole che la strada è in salita. E lo fa forte di un’altra importante vittoria legale. ABC e il suo giornalista George Stephanopoulos hanno infatti patteggiato la causa per diffamazione avviata dal presidente-eletto: oltre alle scuse ufficiali, dovranno versare 15 milioni di dollari che andranno a “una fondazione o un museo presidenziale che sarà istituto dal o per il querelante” e il versamento dovrà essere effettuato “entro dieci giorni dall’entrata in vigore” del patteggiamento, si legge nell’accordo raggiunto. Lo stesso arco temporale è previsto per il pagamento delle spese legali.

Una vittoria che sembra validare la strategia di Trump e del suo staff, impegnati a minacciare azioni legali per fermare la copertura mediatica negativa.