Lo scorso marzo, davanti all’insorgere dell’epidemia, il governo italiano ha stanziato un fondo di 4 milioni di euro appositamente riservato all’assistenza degli italiani all’estero in difficoltà a causa del Covid. Queste risorse sono state messe a disposizione delle sedi diplomatiche italiane sparse per il mondo che, con una semplice domanda, potevano accedervi in base a quelle che ritenevano essere le necessità delle loro comunità. Valutare pertanto se chiedere o meno questi fondi integrativi e in quale entità, era quindi responsabilità diretta delle sedi diplomatiche stesse.
Una volta ricevuta la domanda, il ministero avrebbe fatto le sue valutazioni ed erogato i fondi, che poi le sedi diplomatiche avrebbero potuto impiegare in molti modi: dall’erogazione di sussidi per chi fosse in stato di indigenza, a prestiti d’onore restituibili nell’arco di due anni (i criteri per accedere ad entrambi sono stati definiti in una apposita circolare ministeriale, ma molto spazio di manovra è stato lasciato alle ambasciate), dal supporto alle piccole/micro imprese in difficoltà,ad un bonus per chi rimpatria; dalla stipula di convenzioni con Enti pubblici o privati per finalità assistenziali, a misure di sostegno all’apprendimento a favore dei figli in età scolare delle famiglie italiane all’estero più bisognose, fino a progetti di riqualificazione professionale per i connazionali che avessero perso il lavoro a causa della pandemia.
E così molti dei consolati e delle ambasciate sparse per il mondo hanno potuto usufruire anche di notevoli risorse aggiuntive per assistere gli italiani all’estero in difficoltà (per le cifre si rimanda all’articolo di pagina 4 dell’edizione di giovedì 8 ottobre). Tra i primi che, con lungimiranza, hanno fatto richiesta di accesso ai finanziamenti c’è stata l'ambasciata di Wellington, in Nuova Zelanda, che ha ottenuto 20mila euro, subito messi a disposizione dei cittadini italiani, anche di quelli con visti temporanei, ai quali, tra l’altro, il governo non aveva negato l’accesso ai sussidi pubblici disponibili per i cittadini neozelandesi.
Molta meno prontezza hanno avuto invece istituzioni diplomatiche in Australia, che con una comunità italiana ben più ampia di quella neozelandese e con il governo federale che ha immediatamente negato l’accesso agli aiuti pubblici ai migliaia di italiani presenti sul territorio nazionale con visti temporanei, hanno invece ritenuto non fosse necessario fare richiesta di fondi per l’assistenza.
Gli unici a muoversi sono stati il consolato di Brisbane e quello di Melbourne, ma per cifre molto esigue (5mila il primo e 10mila il secondo). E questo anche se fin dall’inizio della pandemia sia i Comites, sia il Cgie, per tramite del consigliere Franco Papandrea, hanno più volte esortato l’Ambasciata a prendere l’iniziativa, sentendosi però rispondere da Canberra non si rilevava una reale neccessità in tal senso. Punto che è stato tenuto per tutta la durata della pandemia, sebbene persino da alcune sedi consolari arrivassero segnali di effettive necessità all’interno della comunità e oltre 1.200 italiani in difficoltà si siano rivolti per ricevere aiuto alle associazioni comunitarie o persino alla Croce Rossa.
Solo nelle ultime settimane qualcosa sembra essersi mosso. A quanto si apprende infatti Camberra ha fatto richiesta di fondi alla Farnesina, anche se solo per 10mila euro, e ha alla fine autorizzato il consolato di Melbourne a stabilire almeno una convenzione con il Coasit per prestare assistenza ai connazionali in difficoltà, anche con visti temporanei. Un iniziativa che, a sei mesi dallo scoppio della pandemia, è come chiudere la stalla quando ormai i buoi sono belli che scappati.
Capire perché da Canberra, con una comunità italiana così vasta e con migliaia di giovani con visti temporanei privati di qualsiasi aiuto dal governo australiano, non si sia ritenuto necessario attivarsi in modo più tempestivo e concreto, richiedendo i fondi messi a disposizione, non è facile. Anche perché tutti i nostri tentativi di contattare l’Ambasciata per avere spiegazioni, per il momento, non hanno ricevuto risposta.