I fattori che incidono sul risultato elettorale sono certamente molteplici e, al netto delle diverse posizioni, considerazioni e idee sull’uno o l’altro candidato, la personalizzazione in campagna elettorale può offrire un vantaggio ma, di contro, potrebbe anche contribuire a una vaghezza nell’offerta del programma politico. L’ultima tornata del 2022 ha visto Anthony Albanese prevalere su Scott Morrison, e anche in quella occasione i laburisti giocarono molto la carta degli attacchi personali sferrati contro il leader della Coalizione. 
Ad onor di cronaca, giova ricordare come lo stesso Morrison non abbia fatto molto per legittimarsi come un primo ministro degno di essere rieletto.

Gioco facile, se così possiamo dire, quindi per Albanese per portare i laburisti alla guida del governo, dopo quasi dieci anni di potere della Coalizione, pur travagliato da lotte intestine.
I primi sondaggi del 2025 fotografano una situazione che non sorprende, Anthony Albanese resta il leader politico preferito per il ruolo di primo ministro, ma Peter Dutton è avanzato di cinque punti percentuali nel corso dell’ultimo anno, passando dal 35% di preferenze del gennaio 2024 al 40% dell’ultimo rilevamento YouGov.

La distanza verso le elezioni si fa sempre più corta e se è vero che Albanese continua a non dare punti di riferimento rispetto alla data che non dovrebbe andare oltre il prossimo mese di maggio, è altrettanto vero che quello a cui stiamo assistendo in questi prime settimane di gennaio è un chiaro tentativo di puntellare i seggi chiave, di posizionarsi o consolidarsi, da parte di entrambe le forze in campo. Si chiama campagna elettorale, che sia ufficialmente lanciata o meno, la sostanza non cambia.

Ma, prima di tornare sugli aspetti, positivi o negativi, di una campagna elettorale basata sull’attacco alla persona, ‘all’avversario’, prendiamo in considerazione qualche data chiave da qui al giorno del voto. Il prossimo 4 febbraio i membri del Parlamento torneranno a Canberra, il calendario di sedute comune, Camera e Senato prevede due settimane a febbraio e tre giorni a marzo, a fine marzo, il 25 marzo, il Tesoriere è atteso per la presentazione del budget 2025-26 e, nel frattempo, il 18 febbraio, all’esito della due giorni di riunione del Consiglio di amministrazione, la prima del 2025, la governatrice della Reserve Bank of Australia, Michele Bullock, darà conto della scelta della banca centrale sul costo del denaro. L’attesa, o forse è meglio dire l’aspettativa, di milioni di australiani, è che finalmente si inverta la rotta, e dopo mesi e mesi di stallo, le scelte di politica monetaria della banca possano essere indirizzate verso una riduzione dei tassi di interesse.
Parlamento e banca centrale al lavoro insomma, e ognuno per quanto di propria competenza saranno capaci di variare i sentimenti della popolazione, degli elettori, rispetto a una percezione reale delle condizioni dell’economia, della società, del futuro, il cui impatto sul voto è certamente fuori discussione.

Personalizzazione della campagna elettorale, dicevamo, indubbiamente parte della strategia elettorale, non certo da oggi, comporta vantaggi e rischi, si catalizza, si polarizza il dibattito pubblico e, in qualche modo, si semplifica anche il messaggio.

In un momento storico in cui si cerca costantemente di aumentare il consenso su base personale, la strategia del partito laburista gioca molto la carta del dipingere Dutton come leader “freddo”, stimolando una certa percezione negativa rispetto al leader della Coalizione. Tuttavia, e la recente campagna elettorale che ha visto trionfare Donald Trump forse ne è la dimostrazione più lampante e più vicina nel tempo, questa strategia comporta un rischio intrinseco. Più si attacca, a livello personale, un avversario politico, più gli si attribuisce legittimità e, soprattutto, gli si garantisce visibilità e ‘pubblicità’ gratuita.

Infatti Dutton, soprattutto in queste prime settimane, si sta invece rappresentando proprio come leader forte e determinato, giocando anch’egli la carta dell’attacco personale parlando del primo ministro in carica, come di un politico debole alla guida di un governo inefficiente. Insomma, quasi sfidando Albanese in una metaforica competizione di arti marziali giapponesi, Dutton, prova a trasformare la forza d’attacco dell’avversario in un vantaggio. Sta provando a trasformare le critiche sul suo passato in punti di forza, sottolineando la sua esperienza, resilienza e capacità decisionale. A garantirgli adeguato slancio propulsivo, in questa prima tornata di quasi-campagna elettorale, anche un neanche troppo celato malcontento popolare verso il governo, in particolar modo sulla gestione dell’economia, con una ormai chiara fatica da parte di Albanese e Chalmers di risolvere i problemi quotidiani degli australiani con un’agenda concreta e ambiziosa.

Questa contro-narrazione messa in atto da Dutton e dagli strateghi della Coalizione dimostra il potenziale della personalizzazione quando la si utilizzi in maniera positiva. Nel momento in cui un leader riesce a definire se stesso prima che gli avversari lo facciano, può costruire un’immagine capace di attrarre consensi, specialmente in un periodo di incertezza globale.

Come già detto, però, la personalizzazione può distogliere l’attenzione dai temi politici centrali, trasformando le elezioni in uno spettacolo mediatico piuttosto che in un confronto sulle soluzioni ai problemi del Paese. In un clima di difficoltà economiche, gli elettori potrebbero interpretare gli attacchi personali come un segno di debolezza politica piuttosto che come una strategia efficace.

Il risultato finale dipenderà quindi molto dalla capacità degli elettori di guardare oltre le singole personalità e valutare quale visione di futuro risponda meglio alle loro esigenze e offra soluzioni reali.