LIMA - Il governo peruviano ha deciso di ridurre del 42% il parco archeologico che comprende le celebri Linee di Nazca, passando da 5.600 a 3.200 km².
L’iniziativa, presentata come un aggiornamento basato su studi scientifici, ha sollevato forti critiche da parte della comunità scientifica, degli ambientalisti, archeologi e operatori turistici locali.
L’area interessata, uno dei deserti più fragili del Paese, è patrimonio mondiale dell’Unesco e ospita i famosi geoglifi millenari disegnati sul terreno. Secondo gli esperti, il nuovo perimetro esclude zone dove si stanno espandendo attività estrattive, lasciando così ampi settori archeologici vulnerabili alla devastazione.
Mariano Castro, ex viceministro dell’Ambiente, ha denunciato che la riforma “elimina protezioni proprio dove la pressione dell’industria mineraria è maggiore”, con possibili danni cumulativi.
Anche César Ipenza, avvocato ambientalista, ha parlato di un pericoloso indebolimento delle tutele, legato a una crescente flessibilità normativa che avvantaggerebbe l’estrazione mineraria informale.
Di fronte all’ondata di critiche, il ministro della Cultura Fabricio Valencia ha annunciato l’istituzione di una nuova unità esecutiva dedicata esclusivamente alla gestione del patrimonio a Nazca.
L’annuncio è arrivato durante una conferenza del Consiglio dei Ministri, in cui Valencia ha smentito le voci di danni al celebre geoglifo del Colibrì, precisando che si trova “a centinaia di chilometri” dal nuovo limite del sito.
“La creazione dell’unità risponde a una richiesta storica della comunità scientifica”, ha detto il ministro, promettendo la convocazione di associazioni come quella di María Reiche per condividere i rapporti tecnici che giustificano la riduzione del perimetro.
Secondo Ítalo Benavides, direttore di Turismo e cultura della Camera di Turismo di Nazca, l’assenza di una struttura operativa con budget autonomo ha lasciato in abbandono non solo le linee, ma anche numerosi altri siti della regione, come la Huaca, il Templo Pintado e Bogotá. “Senza una vera azione per il risanamento legale e la protezione fisica, allargare o restringere il perimetro è solo una distrazione”, ha affermato.
Anche il Collegio degli archeologi del Perù ha espresso forte preoccupazione. Il suo decano, Pieter Van Dalen, ha lamentato l’assenza cronica di risorse e personale, nonché l’incapacità del ministero della Cultura di spendere i fondi assegnati. “A Chancay è stata creata un’unità esecutora da 10 milioni di soles (pari a oltre 2 milioni 700 mila dollari, ndr) nel 2023, ma i soldi rischiano di andare persi”, ha detto, chiedendosi se il ministero stia davvero assolvendo al proprio ruolo.
Van Dalen ha inoltre denunciato l’assenza di una strategia nazionale che integri le scoperte fatte da ricercatori stranieri, come i team giapponesi che negli ultimi anni hanno identificato oltre 300 nuovi geoglifi, tra cui una figura che rappresenta un’orca armata di coltello.
Infine, ha puntato il dito contro la nuova normativa sul Tupa (Texto único de procedimientos administrativos), che renderebbe ora molto più difficile l’autorizzazione di scavi e ricerche archeologiche, perfino per chi già dispone dei permessi.
Secondo molti studiosi, la burocrazia, unita alla mancanza di una struttura centralizzata per la gestione del sito, rappresenta il principale ostacolo per la sua protezione effettiva.