GENOVA - Ci sarà una integrazione di perizia nell'ambito del processo per il crollo del ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018 e che provocò la morte di 43 persone.  

Si tratta di un approfondimento sulle cause del disastro necessaria dopo quanto emerso durante il dibattimento, e anche dopo le consulenze degli esperti dei 58 imputati. Saranno Gianpaolo Rosati, Massimo Losa, Renzo Valentini, insieme all'ingegner Cuneo a occuparsene.  

In particolare, i periti dovranno verificare “esiti e attendibilità delle indagini svolte dal gestore (Aspi, ndr) per comprendere l'effettivo stato di ammaloramento dei cavi d'acciaio presenti all'interno degli stralli di pila 9”, si legge nel dispositivo.  

Inoltre, dovranno verificare “la doverosità, alla luce del diffuso sapere ingegneristico nei vari momenti storici e delle norme tecniche succedutesi nel tempo”, delle “ispezioni visive dirette con scassi locali, anche con l'aiuto degli endoscopi”, all'altezza dei tratti dei tiranti di pila 9 che si innestavano nella sommità dell'antenna, compreso quindi il tratto di tirante lato Genova mare che si innestava nella sommità dell'antenna, contrassegnato, a seguito del crollo, come reperto 132. 

I giudici chiedono, ancora, di approfondire “la tipologia, o le tipologie, di attività da svolgere in funzione delle suddette ispezioni visive, modalità attraverso le quali tali attività avrebbero dovuto essere eseguite, esiti che esse avrebbero restituito e se tali esiti avrebbero dato conto di gravi anomalie dal punto di vista ingegneristico”.  

Infine, l’integrazione dovrà chiarire se, “considerata l'entità del fenomeno corrosivo in corrispondenza del sistema di difetti rinvenuto nel reperto 132, il fenomeno corrosivo medesimo possa essere dipeso in via esclusiva da fattori endogeni”.