TEL AVIV – Secondo quanto ha riferito l’ufficio del premier, nel corso del colloquio “il primo ministro ha discusso con il presidente americano dei progressi nei negoziati per il rilascio dei nostri ostaggi e lo ha aggiornato sul mandato che ha affidato alla squadra di negoziatori a Doha, con l’obiettivo di far rilasciare gli ostaggi”. Netanyahu avrebbe anche espresso gratitudine a Biden e al neoeletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per gli sforzi compiuti per ottenere il rilascio dei progionieri.
Da parte sua, Biden ha “sottolineato la necessità immediata” di un cessate il fuoco e di un accordo per la liberazione degli ostaggi tra Israele e Hamas.
Nell'ambito della prima fase dell’accordo attualmente in discussione a Doha, sarebbero oltre 3mila i detenuti palestinesi che potrebbero essere rilasciati dalle carceri israeliane, come ha affermato il capo della Commissione palestinese sui detenuti Qadura Fares, precisando che tra i prigionieri che verranno liberati ci saranno più di 200 condannati all’ergastolo, insieme a “bambini, donne e malati”.
Le Forze di Difesa Israeliane hanno recentemente approvato diversi piani per un ritiro rapido delle truppe da vaste aree della Striscia di Gaza, in concomitanza con i progressi nei negoziati, ha riferito il quotidiano israeliano Ha’aretz.
L’esercito avrebbe esaminato diverse opzioni per il ritiro delle truppe da Gaza, compreso il corridoio di Netzarim, che divide la Striscia in due. I vertici militari hanno spiegato di avere la capacità di evacuare i soldati dall’area, nonostante le numerose infrastrutture e postazioni stabilite. Le Forze di Difesa si sono dette pronte ad attuare qualsiasi accordo stipulato dal governo.
Per la prima volta dopo molti mesi, sembrano esserci motivi di ottimismo: l’imminente ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca, il 20 gennaio, aumenterebbe notevolmente le possibilità che Israele e Hamas firmino un accordo sugli ostaggi, secondo quanto riportato da Ha’aretz, che ha parlato di notizie “non infondate”.
“I colloqui in Qatar sono in corso da diverse settimane e ora emergono segnali di progressi significativi. Il cambiamento principale deriva dalle dichiarazioni di Trump. La sua richiesta inequivocabile di risolvere la questione prima dell’inizio del suo nuovo mandato da Presidente degli Stati Uniti e le sue minacce se le sue richieste non saranno soddisfatte stanno apparentemente esercitando una certa pressione su entrambe le parti. Le mosse di Trump sono completamente coordinate con il team del presidente uscente Joe Biden”, ha scritto ancora il quotidiano israeliano.
L’accordo sembrerebbe prevedere il rilascio degli ostaggi in due fasi. I primi a essere liberati saranno le donne e gli uomini anziani o malati che rientrano nel gruppo degli ostaggi ‘umanitari’. La prima fase dovrebbe aprirsi dopo la dichiarazione di un cessate il fuoco, che includerà un significativo ritiro delle truppe delle Forze di Difesa israeliane da alcune aree della Striscia di Gaza.
Un alto funzionario della Difesa ha dichiarato che, nonostante l’ampio lavoro logistico realizzato nel Corridoio Netzarim - che attraversa la Striscia di Gaza da est a ovest - e nel Corridoio Filadelfia, che si trova lungo il confine dell’enclave con l’Egitto, tali operazioni sono state effettuate con “l’approccio che tutto è temporaneo e può essere smontato in tempi relativamente brevi, se necessario”.
Durante l’attuazione della prima fase, continuerebbero i negoziati per il rilascio del secondo gruppo, esteso a soldati e uomini più giovani. L’accordo includererebbe anche la restituzione dei corpi degli ostaggi, anche se il timore è che i palestinesi possano affermare che alcuni di questi sono impossibili da localizzare. Nella Striscia di Gaza ci sarebbero ancora 98 ostaggi, sia israeliani che cittadini stranieri. Secondo le stime, la metà di loro potrebbe essere ancora in vita.
Secondo quanto emerso fin’ora, l’amministrazione Trump starebbe cercando di raggiungere un accordo globale, che significa la fine della guerra a Gaza. Pertanto, anche se solo i dettagli della prima fase saranno finalizzati, si prevede uno sforzo americano per costringere entrambe le parti ad attuare la seconda fase, con il tentativo di porre fine ai combattimenti per un lungo periodo di tempo. La scorsa settimana, l’inviato americano in Medio Oriente, Steve Witkoff, è arrivato a Doha, unendosi ai colloqui tra gli Stati mediatori e le due parti. Sabato, a sorpresa, Witkoff si è recato a Gerusalemme e ha incontrato il Primo Ministro Benjamin Netanyahu.
“La decisione di Netanyahu, sabato sera, di inviare a Doha la squadra di cui fanno parte i capi del Mossad e del servizio di sicurezza Shin Bet, nonché il capo del Quartier Generale per gli ostaggi e le persone scomparse dell’IDF, è un altro indicatore positivo del fatto che un accordo si sta avvicinando”, ha osserva Ha’aretz, sottolineando la sensazione che “il Primo Ministro avrebbe concesso a questa squadra un più ampio margine di manovra nei negoziati rispetto al passato. Nelle tornate precedenti, era spesso evidente che Netanyahu faceva inciampare i negoziatori israeliani in anticipo, dando loro un mandato molto ristretto”.