ROMA - Arriva alla fine l’ok all’elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri dalla Commissione Affari costituzionali del Senato, che ha approvato l’emendamento del governo a modifica dell’articolo 92 della Costituzione.
Il governo “è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. Le elezioni delle Camere e del Presidente del Consiglio hanno luogo contestualmente. La legge disciplina il sistema per l’elezione delle Camere e del Presidente del Consiglio, assegnando un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio, nel rispetto del principio di rappresentatività”, si legge nel testo approvato.
La norma prevede poi che “il Presidente del Consiglio è eletto nella Camera nella quale ha presentato la candidatura” e che “il Presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il Governo; nomina e revoca, su proposta di questo, i ministri”.
Le opposizioni da giorni chiedevano che il governo e la maggioranza non giochino “a carte coperte” sulla legge elettorale spiegando che il sistema di voto scelto non può prescindere dalla trattazione della riforma. La posizione del ministro Casellati, e del presidente della Commissione, Alberto Balboni, tuttavia, è che “non si può cominciare a costruire la casa del tetto” e che se ne parlerà, aprendo un tavolo con tutti i partiti, ma soltanto dopo la prima lettura. Qualche particolare non di poco conto, tuttavia, lo svela proprio l’ipermeloniano Balboni: ci sarà una soglia minima e, in caso di mancato superamento, il ballottaggio.
Non si era fatta attendere la reazione critica dal leader del Movimento 5 Stelle alla proposta di riforma: “Stiamo andando verso una prospettiva che non ci porterà stabilità, ma solo maggiori poteri al presidente del Consiglio, che già ne ha tanti. Io non ho mai avvertito da presidente del Consiglio di non avere poteri. Anzi, oggi decretazioni d’urgenza, decreti legislativi, addirittura la funzione legislativa in capo al governo. Il risultato sarà di un totale squilibrio. Noi avremo un presidente della Repubblica che sarà un passacarte, un cerimoniere. Il Parlamento sarà soggettato al Premier, perché è chiaro che, se stanno insieme e cadono insieme, sarà il Premier a poter esercitare un potere di ricatto sul Parlamento. E stiamo andando verso una soluzione che non c’è in nessun altro Paese al mondo. Ci sarà una ragione?”. Lo ha detto Giuseppe Conte a su Rai 1 intervistato sulla riforma del Premierato.