Africo, anni ‘50. Una giovane insegnante (Valeria Bruni Tedeschi) è appena arrivata dal Nord Italia al paesino calabrese arroccato nella valle dell’Aspromonte. Con la valigia in mano vaga per il borgo arcaico, fatto di pietra viva e polvere, ma non trova nessuno, finché non incontra Ciccio (Marcello Fonte) detto “il poeta”, appollaiato su un dirupo di fronte a un panorama mozzafiato.
“Avete visto che bello? Non manca niente. C’è il mare, ci sono le montagne e c’è il silenzio”, le dice con aria trasognata. La verità è che ad Africo manca l’acqua, l’elettricità e soprattutto un medico condotto, e all’indomani dell’ennesima morte per parto, tutti gli abitanti si sono recati in massa dal sindaco della Marina, il paesino limitrofo sul mare, per chiedere giustizia.
E in seguito il popolo si muoverà ancora all’unisono, come un corpo unico, per costruire tutti insieme - uomini, donne e bambini - una strada che colleghi Africo al resto del mondo, suscitando le ire di chi detiene il potere, sia quello delle istituzioni che quello illecito del malavitoso Don Totò (Sergio Rubini), a cui conviene che Africo resti in uno stato di completa arretratezza.
Aspromonte: La terra degli ultimi (Aspromonte: Land of the Forgotten) è un film corale come se ne vedono sempre più di rado. “Mi interessava esplorare l’idea di un popolo che agisce sempre insieme e che poi viene in contatto con personaggi esterni, come quello della maestra”, spiega il regista Mimmo Calopresti, giunto in Australia come ospite d’onore del Lavazza Italian Film Festival.
In questa scelta il film si discosta dall’opera letteraria a cui è ispirato, Via dall’Aspromonte, dello scrittore calabrese Pietro Criaco, dove la storia è narrata dal punto di vista di un bambino. Lo sguardo infantile c’è ancora, ma collettivo. “Dopo l’anteprima al Festival di Taormina, per un pubblico di giornalisti, la proiezione australiana è stata la prima vera prova con spettatori che non fossero del settore. Qui mi è stato chiesto come fossi riuscito a raccontare una storia dura e insieme leggera e poetica. Allora mi sono venute in mente le immagini dei bambini. La loro presenza, il modo in cui riescono a vivere la vita in maniera semplice e divertente, mi ha permesso di non fare la retorica della povertà”. Anche il regista, del resto, ha vissuto i primi anni dell’infanzia in Calabria, a Polistena, un paesino per molti versi simile ad Africo, prima che la famiglia si trasferisse a Torino, dove il padre aveva trovato lavoro come operaio alla Fiat.
“Per anni Pietro, che è nato ad Africo, mi ha perseguitato con una sceneggiatura di 600 pagine - racconta ridendo il regista -. Poi ha scritto questo libro e ho capito che avrebbe potuto funzionare”. Il testo è quindi passato tra le mani del produttore novantenne Fulvio Lucisano, anch’egli di origine calabrese, il quale l’ha letto in un giorno e subito si è messo in moto. “Fulvio è uno che fa. Voleva venire anche lui in Australia ma i medici lo hanno dissuaso. Era sempre con noi sul set, anche in posti impervi. Ora ha il sogno di costruire un cinema in Calabria, presso uno dei due Piloni dello Stretto, di fronte alla Sicilia.”
Ed è stato molto voluto anche Marcello Fonti, l’attore rivelazione dell’ultimo lavoro di Matteo Garrone, Dogman, con cui ha vinto il premio per la migliore interpretazione maschile a Cannes l’anno scorso. Il suo personaggio non era nel libro, ma Calopresti lo ha sempre conosciuto come attore fortemente calabrese. “Ora è negli Stati Uniti a girare una serie per la televisione - racconta il regista –, ma vuole tornare in Calabria. Anche a Roma parla e vive da calabrese. Quando ci siamo incontrati per discutere del film si è presentato come un vero immigrato, con la macchina carica di bottiglie d’olio e altri prodotti della sua terra”.
Per regista e produttore, Aspromonte è quindi “un ritorno alla terra dei nostri padri e dei nostri avi, ma anche un ritorno all’inizio della terra: Africo era completamente isolata, quindi si viveva come se il resto del mondo non ci fosse. Questo fino agli anni ’50. Poi un’alluvione ha cambiato le cose”.
Difatti, il film non è stato girato ad Africo, bensì nel poco distante comune di Ferruzzano, una paesino abbandonato dove una casa può arrivare a costare solo 14 euro. “Lì devono essere tutti emigrati in Australia, perché ne parlavano sempre. Io ero strabiliato”, commenta il regista, la cui esperienza è invece quella di migrazione interna.
“I miei genitori hanno portato tutto dalla Calabria; erano molto generosi. La porta era sempre aperta per chi arrivava dalla nostra terra ma anche per i torinesi. Sono nato in mezzo alla strada ed è stata la mia formazione. Ancora oggi è un modo di stare al mondo che mi piace. Mischiarmi con gli altri, essere spettatore delle vite degli altri, di più ambienti, mi ha tolto le paure. Mi sono accorto che alla fine se tu nasci povero e disgraziato non hai niente di meno rispetto agli altri. Ti mancano i diritti, le possibilità. Allora per quello ti batti, non stare a perdere tempo con le lamentele. Scendi per strada e battiti”.
Aspromonte: Land of the Forgotten resterà nelle sale cinematografiche di Melbourne fino a martedì 15 ottobre. Per maggiori dettagli, consultare il programma del festival sul sito italianfilmfestival.com.au
SUSANNA BURCHIELLI