ROMA - Il governo non si ferma. È stato presentato in Parlamento il progetto di legge per la conversione del decreto-legge n. 36/2025, che introduce importanti modifiche alla normativa sul riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza (iure sanguinis).  

Il provvedimento è ora all’esame delle commissioni parlamentari e sarà discusso nei prossimi giorni, con possibilità di emendamenti prima della sua approvazione definitiva. 

Nel frattempo, anche il Consiglio generale degli italiani all’estero (Cgie) ha fatto sentire la propria voce.  

In un comunicato ufficiale, l’organo rappresentativo degli italiani e degli italodiscendenti all’estero ha dichiarato la propria disponibilità a svolgere un ruolo attivo nel processo. “Siamo pronti a svolgere il nostro ruolo – si legge nella nota diffusa dall’ufficio stampa –. In tutto il mondo i nostri consiglieri, così come quelli dei Comites, sono impegnati nel confronto con le nostre comunità nel mondo, molto toccate dall’applicazione del decreto-legge.” 

Il Cgie aveva già individuato la riforma della cittadinanza come una priorità per l’agenda del primo semestre del 2025, evidenziando “la necessità di rafforzare una cittadinanza consapevole”.  

Tuttavia, l’introduzione del decreto per via d’urgenza ha imposto una forte accelerazione al dibattito. Proprio per questo motivo, il Comitato di presidenza del Cgie si è riunito a Roma il 31 marzo, avviando interlocuzioni con il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli, il direttore generale della Direzione generale per gli italiani all’estero (Dgit) Luigi Maria Vignali, le commissioni Affari esteri di Camera e Senato e i gruppi parlamentari, allo scopo di ottenere chiarimenti e condividere le preoccupazioni dei connazionali. 

Il Consiglio ha sottolineato in particolare la necessità di rivedere alcuni punti critici del testo. Uno di questi riguarda il nuovo requisito secondo cui l’ascendente con cittadinanza italiana debba essere nato in Italia o avervi risieduto per almeno due anni continuativi prima della nascita del richiedente.  

“Tale misura, unita alla limitazione alle due generazioni, diametralmente opposta alla normativa vigente fino a 24 ore prima, costituisce un cambiamento che non solo disorienta i connazionali nel mondo, a causa dell’incertezza sul destino dei già nati, ma pone a rischio il futuro legame del Paese con le sue comunità all’estero”, avverte il Cgie. 

Il percorso parlamentare di conversione in legge del decreto sarà dunque un momento cruciale per valutare possibili modifiche al provvedimento, tenendo conto delle istanze provenienti dalle comunità italiane nel mondo e delle osservazioni espresse dagli organi di rappresentanza.