Il fatto che la Commissione anticorruzione del New South Wales (ICAC) sia stata etichettata un ‘mostro’ dalla senatrice Amanda Stoker, tranquillizzerà coloro che qualche dubbio sulla necessità di instaurare qualcosa di simile a livello federale ancora ce l’hanno. Farà invece sorgere più di qualche timore a chi sta aspettando, ormai da quasi una quindicina d’anni con la promessa che rispunta elezione dopo elezione, di arrivare ad un’Agenzia indipendente per la prevenzione della corruzione anche a Canberra.
La senatrice liberale, che sta lavorando a fianco del ministro della Giustizia, Michaelia Cash, sulla creazione della Commonwealth Integrity Commission (CIC), ha ammesso che gli australiani giustamente si aspettano che coloro che lavorano nel settore pubblico inclusi i politici, mantengano i più alti standard di onestà e trasparenza nel loro operato, ma che non bisogna esagerare con i poteri assegnati a chi è chiamato a farsi certo che sia così.
Gli investigatori senza volto dell’ICAC, dopo aver aggiunto un terzo premier del New South Wales nel loro palmarès di imputati eccellenti, non hanno di certo aiutato la causa dei dubbi e dei poteri da assegnare ai ‘controllori’, che dovrebbero arrivare a Canberra entro la fine del mandato del governo Morrison. La bozza del progetto CIC dovrebbe essere, infatti, presentata entro la fine dell’anno e aggiungere quindi un nuovo strumento di garanzia per gli elettori, simile a quelli che già esistono in ogni Stato e Territorio. Meccanismi di controllo e prevenzione che, bene o un po’ meno bene, hanno avuto un certo successo nel contenere il pericolo della corruzione a livello politico, parzialmente attraverso inchieste, ma soprattutto eregendosi come deterrente, tenendo il pubblico al corrente delle investigazioni stesse.
A nessuno, infatti, piace finire tra i sospetti di qualche azione che potrebbe risultare impropria, quindi guardia sempre alta e massima attenzione a quello che si fa. La famosa bottiglia di vino, seppur pregiata, non inclusa nella lista dei regali ricevuti, che nel 2014 ha costretto alle dimissioni l’ex premier del NSW Barry O’Farrell, qualcosa insegna. Che poi la ‘sentenza’ dell’ICAC si sia rivelata affrettata e che le accuse non abbiano avuto alcuna conseguenza legale, non fa altro che dare ragione a chi sostiene la teoria di una specie di ‘tribunale d’inquisizione’, che non si deve assolutamente replicare a livello federale.
Ecco allora che Stoker e Cash promettono solidi dispositivi di sicurezza per una Commissione che però così rischia di rimanere sdentata, almeno per ciò che riguarda i politici e i vertici della burocrazia. L’idea sembra, infatti, essere quella di separare, con poteri e modalità dell’iter investigativo ben distinti, chi si indaga: massima trasparenza quando ci sono di mezzo le forze dell’ordine; massima riserva quando nel mirino finiscono i politici.
Da evitare a tutti i costi i processi mediatici prima che ci siano prove sufficienti per far diventare qualsiasi inchiesta di dominio pubblico. Protezione insomma per evitare casi come quello di Nick Greiner (l’ex premier che, dopo aver dato vita all’ICAC, è caduto vittima di un’indagine con accuse – rivelatesi poi prive di fondamento - di aver offerto un incarico dirigenziale ad un parlamentare liberale diventato indipendente, che hanno forzato le sue dimissioni) o di O’Farrell. Sembra diversa la vicenda che vede coinvolta Gladys Berejiklian, ma lasciamo tempo al tempo perché il fattore della presunta innocenza fino a prova contraria deve sempre avere la meglio.
Sul banco degli imputati quindi non le indagini dell’ICAC o la necessità di una Commissione anticorruzione federale, ma i poteri dei ‘controllori’ e, soprattutto, quando scatta la necessità del far diventare i sospetti e l’indagine di dominio pubblico. La resistenza dei federali, di qualsiasi denominazione politica, ad arrivare a qualche tipo di struttura di controllo è sempre stata spiegata con la ‘scusa’ che a Canberra non c’è niente da vedere, che non c’è alcun significativo sospetto di corruzione.
Gli australiani insomma possono dormire sonni tranquilli: per qualche mistica ragione, le tentazioni di trarre qualche tipo di vantaggio dal proprio ruolo sono circoscritte a livello statale e, come ben sappiamo, sono particolarmente forti nel terzo girone degli enti locali.
Ci sarà insomma la CIC, ma come ha sottolineato anche il responsabile per gli Affari legali dell’opposizione, il ministro ombra della Giustizia Mark Dreyfus, qualsiasi Commissione che sarà stabilita a Canberra deve ‘imparare’ da quello che succede negli Stati e Territori: sì quindi alle udienze pubbliche, ma massima attenzione ai tempi e alle indagini con chiare precisazioni sul ruolo dei testimoni, che non devono rispondere di alcuna accusa, e sui possibili errori di valutazione della Commissione stessa.
Ma Stoker e Cash sembrano intenzionate ad andare ben oltre alle garanzie proposte da Dreyfus, asscurando di voler dare vita ad un modello di prevenzione, dal punto di vista strutturale, organizzativo e funzionale, che offra ai politici la necessaria ‘protezione’ mediatica, con sedute solo a porte chiuse e una garantita riservatezza su chi sarà chiamato a salire sul banco dei testimoni. Per le forze dell’ordine invece più o meno stesso processo investigativo, con tanto di spazio pubblico, delle commissioni statali.
Per la CIC anche l’importante differenziazione, rispetto all’anticorruzione di Stati e Territori, del non dover rispondere a denunce formulate dai cittadini nei confronti dei politici o dei vertici dell’Amministrazione pubblica. Uno scudo non indifferente considerando che, per quello che riguarda il 2019-2020, il 43 per cento delle indagini dell’ICAC (2416 casi) sono partite da denunce dei cittadini.
I sospetti insomma che si stia cercando semplicemente di mantenere una promessa scomoda, e nulla più, ci sono: qualcuno sostiene, infatti, che il rischio di cercare di garantire quanto più possibile che nessuno finisca pubblicamente sul banco degli imputati prima che ci sia l’inevitabilità del farlo, renda un’Autorità indipendente come la CIC del tutto inutile in termini pratici.
Il pericolo è che diventi solo uno strumento per regalare ai cittadini un falso senso di sicurezza e giustizia su tentazioni, corruzione e conflitti di interesse che, incredibile ma vero, potrebbero esserci anche a Canberra.