ROMA - Dopo un percorso congressuale pieno di tensioni e offuscato dalle forti polemiche per l’assenza di una seria discussione sui temi e sul rilancio del partito, all’interno del Pd crescono le preoccupazioni per la riuscita delle primarie e le conseguenze che potrebbero scatenare sul futuro del partito.

In particolare, nonostante i tentativi di tenere il più possibile le divisioni interne e le lotte tra correnti lontano dai riflettori, gli ultimi mesi hanno fatto emergere una profonda spaccatura tra l’ala più di sinistra, che guarda ad una futura alleanza con il M5s e vorrebbe riportare nell’orbita del Pd gli ex di articolo 1 (i bersaniani, per intendersi) e  quella di ispirazione cattolica, che invece continua a spingere verso il centro e punta a riallacciare con i fuoriusciti di Renzi e Calenda. La tensione tra questi due schieramenti è per il momento confinata a contrasti interni, ma a seguito delle primarie c’è il rischio concreto che porti ad un vero e proprio strappo, persino ad una scissione.

Un timore che hanno in molti e che appare ormai quasi inevitabile, a meno che il nuovo segretario che verrà eletto il prossimo 26 febbraio, non riesca in qualche modo a ricompattare l’ambiente. Missione tuttavia che allo stato attuale appare  impossibile, visto che il candidato dei moderati, Stefano Bonaccini, appoggiato dagli ex renziani di Base Riformista e che è dato per favorito, riporterebbe il partito addirittura verso una sorta di nuova stagione renziana, cosa che risulterebbe inaccettabile per i molti che chiedono invece un radicale cambiamento e una decisa sterzata verso sinistra.

Questi ultimi tuttavia non sono riusciti davvero ad esprimere un proprio candidato, se non quel Gianni Cuperlo che non entusiasma le folle, nonostante la sua notevole statura come uomo politico. Anche Elly Schlein, infatti, viene vista dalla sinistra del partito con una certa diffidenza e non solo perché l’appoggio di Dario Franceschini suscita parecchi sospetti, ma anche perché, nonostante le forti capacità comunicative, sotto sotto, appare vuota nei contenuti. Difficile dunque che anche lei possa suscitare grandi entusiasmi e questo è dimostrato anche dalla campagna di tesseramento, che si è chiusa a dicembre e che ha registrato numeri drammatici, con solo 50mila iscritti per un partito che nel 2008 ne aveva oltre 300mila. 

Sono i segnali di una smobilitazione totale, confermata anche da un sondaggio per Rai 3 di Emg-Different, secondo il quale tra gli elettori Pd soltanto il 15% pare davvero intenzionato ad andare a votare alle primarie, contro un 37% che già si dice sicuro che non lo farà. Voto online o meno, insomma, la base resta scoraggiata e il rischio di un flop umiliante delle primarie, con la conseguenza di ritrovarsi con un segretario debole, è concreto. Che alla fine vinca dunque Bonaccini, dato al 41% o la Schlein, per il momento al 23% ma in crescita, il pericolo serio è che nessuno abbia la forza o il sostegno, per riprendere in mano davvero le sorti del partito.