Il governo guidato dal leader laburista Anthony Albanese non ha forse avuto neanche il tempo di festeggiare l’esito della tornata elettorale: troppo forte, per l’opinione pubblica, ma soprattutto per la vita quotidiana degli australiani, l’impatto dell’inflazione e la crisi energetica e quindi è urgente attivarsi per provare a strutturare una risposta adeguata.
Altrettanto importante, inoltre, impegnarsi nella direzione di riposizionare l’Australia nello scacchiere internazionale, in particolar modo nell’area dell’Indo-Pacifico, forse la più delicata che riguarda direttamente il nostro Paese, e, necessità strettamente correlata, provare a ristabilire un canale di comunicazione con Pechino, ormai da troppo tempo interrotto.
La classica patata bollente lasciata in eredità dal precedente governo, è il mantra che si sente ormai ripetere nelle conferenze stampa dei membri del Gabinetto laburista, o un contesto internazionale di continua instabilità che non aiuta certo mercati e consumatori a riprendere fiducia, quale che sia la verità, sempre che ce ne sia soltanto una, appare invece chiaro che le sfide che stanno riempiendo l’agenda del governo Albanese sono da far perdere il sonno al più navigato dei politici. Tanto che non è forse inappropriato immaginare Scott Morrison tirare un sospiro di sollievo mentre si gode una posizione di minore responsabilità dai banchi dell’opposizione.
Un primo segnale nella direzione di un cambio di rotta lo ha tracciato il ministro della Difesa, Richard Marles, impegnato a Singapore nel summit sulla difesa ‘Shangri-La Dialogue’.
L’ultimo vertice del genere era avvenuto nel 2019, ben prima, quindi, che i rapporti tra Cina e Australia si deteriorassero, con i colloqui tra i vertici delle diplomazie dei due Paesi di fatto congelati dopo che l’Australia si era fatta promotrice di una indagine indipendente sulle origini del Covid, richiesta che ha innescato sanzioni e dazi commerciali da parte di Pechino nei confronti dell’export australiano.
Poche ore prima di andare in stampa, la conferma di quanto anticipato già nei giorni scorsi, il vice primo ministro Richard Marles ha avuto un colloquio con, Wei Fenghe, consigliere di Stato e ministro della Difesa cinese, in quello che è il primo incontro faccia a faccia tra i ministri dei due Paesi in quasi tre anni.
Marles ha parlato di un “primo passo” importante: “È stata un’opportunità per avere uno scambio franco e completo in cui ho sollevato una serie di questioni preoccupanti per l’Australia”, ha detto ai giornalisti a Singapore.
Tra le questioni preoccupanti, il pericoloso incidente del mese scorso tra un aereo di sorveglianza marittima australiano e un aereo da combattimento cinese nelle acque internazionali del Mar Cinese Meridionale.
Marles non ha voluto dilungarsi sul contenuto dell’incontro, che sarebbe durato più di un’ora, e non ha anticipato nulla su possibili nuovi sviluppi: “Vogliamo fare i passi nella maniera giusta, non sottovalutiamo le difficoltà che abbiamo avuto nelle nostre relazioni bilaterali nel passato”.
Un primo passo, insomma, dopo quasi tre anni di silenzio e rischiose provocazioni, così come un ulteriore passo, nella complessa dinamica delle relazioni internazionali, è stato fatto con la chiusura del contenzioso contrattuale-finanziario legato alla vicenda della commessa per la costruzione dei sottomarini da parte della francese Naval Group.
È stato proprio il primo ministro Anthony Albanese a confermare che l’Australia pagherà un risarcimento pari a 830 milioni di dollari per chiudere il contenzioso creatosi a seguito della violazione del contratto da 56 miliardi di dollari, evento che aveva provocato una vera e propria crisi diplomatica tra Francia e Australia.
“La Francia è un partner chiave per l’Australia. Non vedo l’ora di accettare l’invito del presidente Macron e visitare Parigi il prima possibile”, ha ribadito il primo ministro.
Relazioni internazionali e complesse dinamiche da risolvere nel Paese, i fronti su cui intervenire sono sempre più infuocati per Albanese e la sua squadra, e quindi la pressione si fa sentire, così come aumenta, sulle svariate voci del ‘paniere’, il costo della vita degli australiani che legittimamente, vedono aumentare anche le proprie aspettative di un adeguato aumento delle retribuzioni.
Sul tema, anche per dare seguito a quanto promesso in campagna elettorale, a pochi giorni dall’insediamento il governo ha inviato una nota alla Fair Work Commission: “Le condizioni economiche sono particolarmente difficili dato che l’inflazione è al massimo da 21 anni del 5,1% e si prevede che aumenterà ulteriormente nel breve termine a causa degli shock persistenti e aggravanti dell’offerta”, si legge nella nota del governo inviata alla Commissione.
“Nel considerare la sua decisione sui salari per quest’anno, il governo raccomanda che la Fair Work Commission garantisca che i salari reali dei lavoratori australiani a bassa retribuzione non vadano indietro”, ha aggiunto. Nessuna esplicita richiesta di un aumento del 5.1% (in linea con il dato dell’inflazione), come invece si era detto in campagna elettorale, i laburisti sanno che non possono chiedere nulla del genere, anche per non incorrere nuovamente nella già avvenuta, sempre in fase di campagna elettorale, contestazione di una ingerenza in un meccanismo di valutazione indipendente dei salari, quale quello della Fair Work Commission.
“La crisi del costo della vita è così acuta per le persone con salari più bassi che ecco perché abbiamo sentito il bisogno di inserire quel principio diretto che quei lavoratori non dovrebbero tornare indietro”, ha confermato il ministro per l’Impiego, Tony Burke.
Il tema, tuttavia, non è di semplice svolgimento e la soluzione è anche più complessa, non è detto infatti, anzi è altamente improbabile, che nel momento in cui la Commissione dovesse stabilire la nuova soglia del salario minimo, l’inflazione non sia anche più alta dell’attuale dato del 5.1%. D’altronde lo stesso tesoriere Jim Chalmers ha già anticipato, in una narrativa che, mutatis mutandis, ricorda i picchi dell’emergenza Covid, che “la sfida all’inflazione è destinata a diventare molto più difficile, prima di cambiare rotta”.
Il budget di ottobre sarà sicuramente una prova importante per i laburisti, ma sembra chiaro, e a confermarlo anche l’incontro sul tema energetico tra il ministro dell’Energia Chris Bowen e i suoi omologhi di Stati e Territori (articolo a pagina 12), che è necessario strutturare una risposta pratica e immediata a una crisi reale, quale quella del costo della vita.