BUENOS AIRES – A oltre trenta anni dall’attentato contro la sede della Asociación mutual israelita argentina (Amia), avvenuto il 18 luglio 1994, la giustizia argentina ha annunciato che giudicherà in contumacia i dieci imputati, tutti di nazionalità iraniana o libanese, latitanti da decenni.
La decisione è stata presa dal giudice federale Daniel Rafecas e segna un precedente nel sistema giudiziario argentino, in quanto sarà il primo processo in contumacia da quando è stata approvata la legge che autorizza questo tipo di procedimenti. La norma è stata sancita nel gennaio di quest’anno e consente di giudicare reati contemplati dallo Statuto di Roma, come genocidio, tortura e terrorismo, purché gli imputati rimangano latitanti per almeno quattro mesi.
Prima di questa riforma, non era possibile portare avanti un processo in assenza dell’imputato.
“In considerazione del tempo trascorso dalle ordinanze di cattura vigenti, tutte superiori a quattro mesi, e dell’assenza di risultati positivi nei processi di estradizione, risultano pienamente soddisfatti i requisiti dell’articolo 431 quáter del Codice di Procedura Penale affinché il processo possa proseguire in assenza degli imputati menzionati”, si legge nella sentenza firmata da Rafecas.
I dieci accusati sui quali ricadrà questo processo sono: Alí Fallahijan, Alí Akbar Velayati, Mohsen Rezai, Ahmad Vahidi, Hadi Soleimanpour, Mohsen Rabbani, Ahmad Reza Asghari, Salman Raouf Salman, Abdallah Salman e Hussein Mounir Mouzannar. Tutti risultano con allerta rossa dell’Interpol e richieste di cattura internazionale dal 2006, ma nessuno è stato finora arrestato.
La procura sostiene che l’attacco fu pianificato ed eseguito da una cellula di Hezbollah con appoggio logistico, operativo e finanziario del governo iraniano. Nel fascicolo giudiziario si indica che gli imputati ricoprivano – o ricoprono ancora – incarichi politici, diplomatici o militari in Iran e Libano, e che abbiano utilizzato i loro legami istituzionali per evitare di essere estradati o identificati.
Il giudice Rafecas ha sottolineato che nei casi di crimini internazionali gravi, come il terrorismo, è abituale che i responsabili abbiano la capacità di fuggire o nascondersi in Paesi che non collaborano con la giustizia internazionale. “Senza l’opzione di un processo in contumacia, questi individui potrebbero rimanere latitanti indefinitamente e i casi potrebbero restare paralizzati, evitando di essere giudicati e privando le vittime della giustizia”, ha argomentato.
Il ministro della Giustizia, Mariano Cúneo Libarona, ha accolto favorevolmente la sentenza: “Grazie alla legge sul giudizio in contumacia che abbiamo promosso, la giustizia ora ha gli strumenti per giudicare gli imputati per l’attentato all’Amia. È un passo fondamentale per combattere l’impunità”.
L’attentato all’Amia fu l’attacco terroristico più grave nella storia argentina. L’esplosione di un camion bomba davanti alla sede della mutuale ebraica, nel pieno centro di Buenos Aires, causò 85 morti e oltre 150 feriti. A trent’anni dal fatto, le cause giudiziarie restano aperte, e l’impunità è stata denunciata ripetutamente da organismi nazionali e internazionali per i diritti umani.