MILANO - Non è emersa alcuna prova di una “cospirazione criminale” finalizzata a condizionare il processo penale a carico di Alessia Pifferi, la donna condannata per l’omicidio della figlia di un anno e mezzo, lasciata sola in casa per sei giorni fino alla morte. 

Lo scrive il gup di Milano Roberto Crepaldi nelle motivazioni della sentenza con cui, il primo dicembre, ha assolto con rito abbreviato l’avvocata Alessia Pontenani, legale di Pifferi, tre ex psicologhe del carcere di San Vittore e lo psichiatra Marco Garbarini, già consulente della difesa.  

Una quarta psicologa è stata prosciolta perché la contestazione a suo carico riguardava esclusivamente una vicenda di corsi di formazione, ritenuta estranea al cuore dell’inchiesta. 

Secondo l’accusa, i professionisti avrebbero messo in atto un’attività di “manipolazione”, anche attraverso la presunta falsificazione di un test psicodiagnostico, per favorire la concessione a Pifferi di una perizia psichiatrica nel processo di primo grado.  

L’obiettivo, sempre secondo la Procura, sarebbe stato quello di indirizzare l’esito della valutazione verso il riconoscimento di un vizio parziale di mente, così da evitare la condanna all’ergastolo, poi effettivamente inflitta in primo grado e rideterminata a 24 anni in appello. 

Il giudice ha escluso che vi siano elementi concreti a sostegno di questa ricostruzione. Nelle motivazioni si legge che “non è emerso alcun elemento concreto che lasci presupporre l’esistenza di una vera e propria cospirazione criminale” e che l’ipotesi di un’azione coordinata “con l’intento di condizionare a tutti i costi il processo penale” non trova riscontro negli atti. 

In particolare, il gup ritiene provato che il test di intelligenza Wais sia stato effettivamente somministrato ad Alessia Pifferi dalle psicologhe del carcere di San Vittore, contrariamente a quanto sostenuto dall’accusa. Allo stesso tempo, viene giudicata “priva di adeguato supporto probatorio” l’ipotesi che la diagnosi, formulata sulla base di quel test, fosse falsa o costruita artificiosamente. 

Le motivazioni chiariscono dunque che, pur restando ferma la gravità del delitto per cui Pifferi è stata condannata, non vi sono prove sufficienti per sostenere che avvocati, psicologi e consulenti abbiano agito in modo illecito per alterare l’esito del procedimento penale.