MELBOURNE - Il Whitefriars Catholic College è una scuola superiore maschile di Donvale, immersa nel verde a meno di 30 chilometri dal centro di Melbourne.
Fondata nel 1961, l’istituto accoglie oggi poco più di mille studenti, che hanno accesso a una variegata offerta formativa che include anche due lingue: l’italiano e l’indonesiano.
Fino allo scorso anno, il cinese figurava tra le opzioni linguistiche, ma la scuola ha deciso di non proseguire, se non per chi la sta già studiando.
Nonostante l’italiano sia la scelta più popolare tra gli studenti, i numeri in calo riflettono ancora le difficoltà subentrate con la pandemia, come spiega la Learning leader per le lingue e insegnante di italiano Paula Barca insieme alla collega Olivia Zagari.
“Non abbiamo una classe per l’Anno 12 quest’anno ma solo cinque studenti all’Anno 11. Sono i ragazzi che hanno subito più pesantemente l’impatto della pandemia, erano agli Anni 7 e 8 e gli è mancata l’esposizione alla classe di italiano. Ora siamo ottimiste guardando all’Anno 10, dove abbiamo 27 studenti e pensiamo che potremo mantenere un buon numero anche per il VCE”, spiega Zagari.
L’impegno del gruppo di insegnanti di italiano è ora quello di riportare i numeri almeno ai livelli pre-Covid e per questo cercano di coinvolgere i loro alunni offrendogli svariate occasioni per mettersi alla prova con la lingua, ma anche per conoscere la cultura e le tradizioni italiane.
“Il viaggio in Italia che organizziamo ogni due anni è sempre un buon incentivo, ma aiutano anche le cose più piccole, come il torneo internazionale di calcio che abbiamo proposto lo scorso anno durante i Mondiali femminili. I ragazzi si sono molto divertiti a sfidare gli studenti delle altre lingue”, racconta Barca, aggiungendo con un sorriso che “l’Italia naturalmente ha vinto”.
Il Whitefriars Catholic College ha stretto una collaborazione con l’Istituto Ruffini di Imperia - in Liguria - e a turno gli studenti italiani e quelli australiani volano dall’altra parte del mondo per immergersi in una cultura diversa e provare in prima persona lo stile di vita dei loro coetanei.
Quando vanno in Italia, gli alunni australiani passano una settimana in classe, esperienza che non solo gli permette di migliorare la lingua e ampliare il vocabolario, ma garantisce loro un assaggio del sistema scolastico e di quanto sia diverso il modo di fare lezione.
Ospiti delle famiglie della scuola, passano sette giorni completamente immersi nella lingua, prima di proseguire alla scoperta dello Stivale.
“Il viaggio dura in tutto quasi tre settimane e oltre a Imperia andiamo a Firenze dove gli studenti partecipano a un corso di cucina; poi Roma, Siena, Pisa, Milano e Venezia. È un’esperienza incredibile per tutti”, assicura Barca.
La sfida più grande è probabilmente proporre le attività da fare in classe in modo coinvolgente e che permetta di mantenere alto l’interesse dei ragazzi.
Ma queste insegnanti sembrano avere molte risorse e creatività che le accompagnano nel dare agli studenti la giusta motivazione all’apprendimento.
“Può succedere che la grammatica diventi un po’ troppo ingombrante per gli studenti, e in quel caso si rischia di perderli – sottolinea Barca –. Ma per parlare una lingua, serve conoscere la grammatica; quindi, cerchiamo di trasmetterla senza farglielo notare, prendendo spunto dalla vita reale. Gli esercizi che includono giochi di ruolo sono una delle attività preferite dai ragazzi; in particolare abbiamo organizzato uno speed dating, durante il quale avevano solo un paio di minuti per salutare e presentarsi a un compagno, prima di passare a quello successivo. Si sono divertiti moltissimo”.
Paula Barca e Olivia Zagari conoscono bene il valore aggiunto di una seconda lingua, essendo entrambe di origine italiana. La prima è nata da genitori abruzzesi che le hanno sempre parlato in dialetto:
“Poi, quando ero ancora piccola, ho cominciato a sfogliare un vocabolario che avevamo in casa e ho imparato i verbi. Mia mamma era molto orgogliosa di me”, ricorda Barca. Anche per Olivia Zagari l’amore per l’italiano è nato fin dalla scuola primaria, un amore che ha poi coltivato negli anni, frequentando le classi del Co.As.It. il sabato.
“Quando mi sono iscritta all’università, dopo tanti anni di italiano, non potevo immaginare di smettere di studiarlo; così, ho deciso di prendere un Bachelor in Scienze e un Diploma in Lingue, prima del Master in Teaching”, racconta.
“Ripensando al mio Anno 12, credo che la consapevolezza che mi ha dato la lingua italiana mi abbia aiutata a esprimermi meglio in inglese e, anche ora che sono insegnante, parlo ai miei studenti di come l’italiano mi abbia agevolato anche nel mondo del lavoro, fin dal primo impiego part-time a Chadstone, dove, essendoci una grande comunità italiana, cercavano persone bilingui”, aggiunge l’insegnante che sottolinea anche quanto per lei sia importante l’aspetto culturale, oltre a quello linguistico.