Un dibattito non certamente dei più costruttivi, almeno finora, quello che il governo Albanese sta conducendo sul tema della Superannuation, tra promesse pre elettorali e cambi di rotta a poco più di un anno dal voto che ha portato i laburisti di nuovo alla guida del Paese.

Al netto delle tecnicalità e delle possibilità di riforma del sistema di risparmio pensionistico, si tratta di un tema che, riguardando i soldi di tutti i cittadini, meriterebbe forse maggiore chiarezza e puntualità, magari in sede di campagna elettorale e non dopo.

Non sarebbe il primo né sarà l’ultimo politico a cambiare idea nel passaggio da promesse elettorali a fase esecutiva di governo, e la prossima tornata alle urne è ancora distante, Albanese e i laburisti possono quindi gestire questo passaggio, non dei più semplici, con relativa tranquillità, almeno dal punto di vista della potenziale ricaduta di immagine.

In un continuo batti e ribatti tra posizioni più ‘possibiliste’, quella del ministro del Tesoro, e più ‘caute’, come alcune affermazioni del primo ministro lascerebbero intendere, la settimana scorsa è stata molto concentrata sul controverso tema degli interventi sulla Superannuation.

In tv ieri mattina su Sky News, il ministro del Tesoro, Jim Chalmers, ha provato a rassicurare tutti: le basi, i fondamentali, su cui si basa il sistema della super non verranno toccati e le eventuali modifiche saranno ragionevoli. 

I cambiamenti in esame, ha puntualizzato Chalmers, che potrebbero includere anche un tetto ai grandi capitali di risparmio nei fondi di super annuation su cui potrebbero essere applicati trattamenti fiscali agevolati, non sembrano essere “particolarmente controversi” e in linea nella portata a quanto già fatto dal precedente governo di coalizione.

Ma, pur se comprensibile un tale atteggiamento passivo-aggressivo da parte di Chalmers, resta chiaro che ribaltare il tavolo e sottolineare il medesimo comportamento da parte avversa non toglie alcuna responsabilità per aver promesso una cosa e stare andando nella direzione di fare esattamente il contrario.

Chalmers si trova in una posizione non proprio comoda, questa è cosa altrettanto certa, nel respingere gli attacchi che provengono dall’opposizione e da buona parte della stampa, attacchi che mirano nel merito di ciò che potrebbe significare la possibile riforma del sistema della Superannuation, sulle basi ‘ideologiche’ su cui si andrebbe a strutturare e, soprattutto sul punto del mancato rispetto di quanto detto in campagna elettorale (altro articolo a pagina 13), quando il primo ministro aveva espressamente escluso “ogni cambiamento alla superannuation”.

Il ministro del Tesoro ha parlato chiaramente di una certa pressione che il sistema fiscale applicato alle riserve pensionistiche sta esercitando sui conti pubblici ma ha negato che queste possibili modifiche possano costituire una fase prodromica di ben altre manovre di riforma della Super, come suggerito in questi giorni dall’ex primo ministro liberale John Howard: “Non sono interessato a una guerra di parole con John Howard, è qualcuno che rispetto e merita di meglio che essere tirato fuori per sostenere gli argomenti loschi di Angus Taylor o per supportare la leadership fallimentare di Peter Dutton”, ha replicato il Tesoriere.

Altrettanto netta, proprio in piena ‘guerra di parole’, la replica di Angus Taylor che ha confermato come Howard sia intervenuto di sua spontanea volontà andando a evidenziare una vera e propria falla per la credibilità e la fiducia di questo governo: “Il punto che ha sottolineato è che questo sarà solo l’inizio per i laburisti”, ha detto il Tesoriere ombra della Coalizione. Per Taylor insomma, così come per i colleghi della Coalizione e per buona parte della stampa vicina ai conservatori, qualsiasi modifica al sistema della superannuation costituirebbe un mancato rispetto di un impegno preso con gli elettori: “I nostri soldi sono come il miele per i laburisti, l’abbiamo sentito dall’assistente Tesoriere questa settimana. Ecco come la pensano. Hanno le dita molto appiccicose in questo governo, vogliono avere i nostri soldi”. 

Al netto dell’evidente tono populista utilizzato dall’opposizione, funzionale in una normale e legittima dialettica democratica e ovviamente contestabile nel merito dal governo, resta il tema della credibilità e della generale fiducia, tra l’altro sempre meno solida, dei cittadini nella classe politica. Cambiare idea e modificare piani o promesse elettorali non dovrebbe destar scandalo in nessuno, l’elenco in questo senso è ben completo da entrambe le parti, ma qui si tratta di un momento storico particolarmente importante, con le finanze delle famiglie messe a dura prova da una inflazione galoppante e una corsa a farla calare tramite lo strumento dell’aumento dei tassi di interesse che non pochi pensieri stanno alimentando soprattutto nei nuclei familiari o nelle persone a basso reddito.

In questo periodo anche il solo paventare un possibile intervento sui risparmi dei cittadini, fosse anche soltanto una misura riguardante una fascia di popolazione molto ristretta di grandi risparmiatori, vuol dire entrare in un terreno paludoso dove forse potrebbero essere più i rischi, di concreto calo di credibilità politica, che gli effetti benefici.

Una discussione ampia, nazionale, un dibattito parlamentare e pubblico, è ovviamente il percorso più auspicabile in una democrazia e se i laburisti avranno la forza e i numeri di far passare una legislazione di tale portata, l’auspicio è che possano farlo con quanta più chiarezza e trasparenza possibile, sia dal punto di vista degli obiettivi di bilancio sia di eventuali ulteriori interventi in programma. Ancora meglio sarebbe stato se tutto questo fosse avvenuto prima di andare alle urne.