TEL AVIV - Il mondo resta con il fiato sospeso a osservare la delicata situazione tra Israele e Iran che continuano a lanciarsi minacce dopo la risposta di Teheran di sabato scorso, quando ha fatto piovere missili e droni sul territorio israeliano, senza tuttavia provocare particolari danni. L’attacco iraniano è seguito al raid israeliano sull’Ambasciata iraniana di Damasco ed è il primo scontro diretto tra i due Paesi che per decenni avevano condotto, almeno fino allo scorso fine settimana, una guerra ‘ombra’. Anche per questo si teme un’escalation nella regione, ora che si è superata questa ennesima linea rossa.
Sebbene Washington abbia fatto sapere che non sosterrà militarmente Israele, nel caso di un attacco contro Teheran, Benjamin Netanyahu ha annunciato di essere comunque intenzionato a rispondere. Il Gabinetto di guerra israeliano si è riunito per tre volte in tre giorni, e Benny Gantz, un ex generale che ne fa parte, sebbene convinto sostenitore della necessità di replicare all’Iran, ha comunque ribadito che la reazione non può prescindere dal “coordinamento con gli Usa”, che hanno un ruolo imprescindibile nell’ombrello protettivo che ha affiancato Israele nel neutralizzare il 99% dei droni e dei missili lanciati sabato notte da Teheran. “L’Iran è un problema globale e regionale, e anche una minaccia per Israele - ha affermato Gantz -. Per questo il mondo dovrebbe agire militarmente contro Teheran e imporre sanzioni per fermare la sua aggressione”. Netanyahu e i quattro ministri che fanno parte del Gabinetto di guerra israeliano stanno dunque valutando le diverse opzioni a loro disposizione: la risposta diretta sul suolo iraniano, l’attacco agli alleati sciiti, Hezbollah in primis, nell’area o azioni mirate contro i capi dei Pasdaran in patria e all’estero. Una nota del Gabinetto ha spiegato che ciascuna di queste opzioni rappresenterebbe “una risposta dolorosa” per gli iraniani.
Ma si è sottolineato che la cornice di queste operazioni non comporterebbe il rischio di scatenare “una guerra regionale”. Affermazione che appare dubbia dopo le parole del Primo ministro israeliano che ha ricordato che “c’è l’Iran dietro Hamas, dietro Hezbollah, dietro gli altri”: “Ma siamo determinati a vincere a Gaza e a difenderci in tutte le altre arene”, ha aggiunto.
La necessità è, però, quella di non mettere in pericolo i Paesi arabi della regione, come è stato assicurato a Egitto, Giordania e agli Stati del Golfo. Non a caso, il ministro degli Esteri di Amman, Ayman Safadi, ha ammonito che la Giordania “non accetterà che si renda il Paese un ulteriore terreno di guerra”.
La comunità internazionale rimane nel frattempo compatta e impegnata nel tentativo di frenare un nuovo intervento israeliano e, in questo senso, vanno letti gli annunci americani di nuove sanzioni contro il regime degli ayatollah, sollecitate invano per anni da Israele.
“Mi attendo che prenderemo ulteriori sanzioni nei confronti dell’Iran nei prossimi giorni”, ha assicurato la segretaria americana al Tesoro, Janet Yellen. E di sanzioni ha parlato anche Josep Borrell, l’alto rappresentante dell’Unione Europea, al termine di un incontro con i 27 ministri degli Esteri Ue, che hanno unanimemente chiesto “moderazione a tutte le parti”.
“Alcuni Stati membri hanno chiesto di espandere il regime di sanzioni applicato all’Iran per il sostegno di droni alla Russia, includendo anche i missili e la possibilità che sia applicato anche ai proxy iraniani nella regione”, ha dichiarato Borrell, evidenziando la necessità di fare un “passo indietro”, perché il “Medio Oriente è sull’orlo di un abisso, e i ministri dell’Ue sono concordi su questo”. Ma Israele per ora resta sulle sue posizioni: la risposta ci sarà e sarà calibrata “nel luogo e nel momento” adatti, perché l’Iran non può “passarla liscia”. “Non possiamo restare fermi davanti a questo tipo di aggressione; Teheran non ne uscirà impunemente”, ha dichiarato il portavoce militare israeliano Daniel Hagari.
Da parte sua, il governo di Teheran non si tira indietro, minacciando Israele: “I sionisti farebbero meglio a comportarsi razionalmente, perché se dovessero intraprendere un’azione militare contro Teheran, siamo pronti a usare un’arma che non abbiamo mai usato prima”, ha dichiarato il portavoce della Commissione per la sicurezza nazionale del Parlamento iraniano, Abolfazl Amouei. Il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, ha rincarato la dose dichiarando: “L’attacco dell’Iran volto a punire l’aggressore Israele ha avuto successo e ora annunciamo con decisione che qualsiasi mossa di ritorsione contro l’Iran riceverà una risposta orribile, diffusa e dolorosa”.
Il Cremlino ha riportato di un colloquio telefonico tra il presidente russo e quello iraniano, durante il quale Vladimir Putin avrebbe invitato Iran e Israele a “esercitare la moderazione, per evitare una nuova escalation”. Secondo le fonti russe, Raisi avrebbe assicurato di non essere interessato a far esplodere la situazione in Medio Oriente. Di altro tenore le dichiarazioni del presidente turco Erdogan che si è riferito a Netanyahu come “il principale responsabile” dell’attacco dell’Iran contro Israele e dell’incendio che sta divampando nella Regione. Intanto, la guerra sul campo non si ferma, gli Hezbollah libanesi hanno rivendicato i raid con i droni contro il territorio israeliano, mentre l’Idf ha condotto un attacco aereo su un campo profughi nella zona centrale della striscia di Gaza, dove avrebbero perso la vita decine di persone, tra cui anche bambini.