ROMA - Una proposta di legge sul fine vita di iniziativa popolare è in dirittura d’arrivo, per affiancarsi al testo base definito dal centrodestra al Senato, sul quale stanno piovendo numerose critiche, anche di incostituzionalità, da parte delle opposizioni. 

L’annuncio arriva dall’Associazione Luca Coscioni: si tratta di un’iniziativa per legalizzare tutte le forme di fine vita - inclusa l’eutanasia - che in pochi giorni ha superato le 50.000 firme necessarie per essere depositata in Parlamento.  

Le firme digitali sono state raccolte tramite Spid e Cie, a cui si aggiungono oltre 8.000 sottoscrizioni raccolte nei tavoli attivati in tutta Italia. 

L’obiettivo è raggiungere una soglia di sicurezza di 70.000 firme, così da poter depositare il testo entro il 15 luglio, in vista della ripresa della discussione in Senato due giorni più tardi, il 17. 

La proposta prevede che il Servizio sanitario nazionale si faccia carico della verifica delle condizioni del paziente entro 30 giorni dalla richiesta, con la possibilità per i medici di partecipare su base volontaria. 

Il diritto al suicidio assistito è già legale in Italia, a determinate condizioni – ricorda l’associazione – grazie alla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo.  

Tuttavia, mancano procedure e tempi certi, e alcune persone hanno atteso anche due o tre anni per ottenere una risposta. Inoltre, alcuni pazienti vengono esclusi perché, a causa delle patologie, non sono in grado di autosomministrarsi il farmaco letale. “Oggi si chiede di estendere il diritto anche all’eutanasia per mano di un medico”, fa sapere l’associazione. 

Proprio su questo aspetto si esprimerà la Corte Costituzionale l’8 luglio, in udienza pubblica, per il caso di Libera, una donna toscana di 55 anni affetta da sclerosi multipla progressiva, completamente paralizzata. Pur avendo tutti i requisiti stabiliti dalla sentenza del 2019, non è in grado di assumere autonomamente il farmaco e ha chiesto che sia un medico a farlo.  

La proposta di legge dell’Associazione Coscioni prevede, per superare questa discriminazione, che la persona malata possa scegliere tra autosomministrazione e somministrazione da parte di un medico, cioè eutanasia attiva, attualmente vietata in Italia. 

Proprio l’esclusione del Servizio sanitario nazionale dall’assistenza o dal controllo sul suicidio assistito, insieme alla stretta sui criteri di accesso rispetto a quelli indicati dalla Corte, alimenta la polemica sul testo base depositato in Senato. 

Intanto, le commissioni Giustizia e Affari sociali di Palazzo Madama, in attesa della decisione della Consulta, hanno posticipato dal 8 al 9 luglio il termine per la presentazione degli emendamenti.  

Contro l’esclusione del servizio pubblico sanitario si scagliano le opposizioni, criticando in particolare il rischio di privatizzazione dell’aiuto al suicidio, che potrebbe essere disponibile solo in cliniche private. 

Una norma che, secondo il costituzionalista Stefano Ceccanti, presenta profili di incostituzionalità, poiché “porta alla rottura della parità di trattamento delle persone, anche di tipo economico”.