BRUXELLES - “La Commissione Europea è disposta ad accettare che la direttiva 2013/32” sulle procedure d’asilo consenta agli Stati membri di designare Paesi d’origine come sicuri” anche “prevedendo delle eccezioni per categorie di persone”. Lo ha detto l’avvocato dell’esecutivo Ue Flavia Tomat durante l’udienza sul protocollo Italia-Albania alla Corte di giustizia Ue.
Bruxelles, dunque, evidenzia che le norme “non impediscono di designare un Paese d’origine come sicuro quando la sicurezza non è garantita” nel suo complesso “per determinate categorie di persone”, ha spiegato, precisando che questi gruppi devono comunque “essere ben identificabili”.
I giudici di Lussemburgo sono chiamati a esaminare i ricorsi pregiudiziali presentati dal Tribunale di Roma, che finora non ha riconosciuto la legittimità dei fermi disposti nei confronti dei migranti soccorsi nel Mediterraneo e trasferiti sull’altra sponda dell’Adriatico, perché provenienti da Paesi che il governo italiano ritiene sicuri, in particolare Egitto e Bangladesh.
La Corte Ue svolge l’esame con procedura accelerata, riconoscendo l’importanza della questione, e la sentenza è attesa prima dell’estate. Il collegio - che include anche l’italiano Massimo Condinanzi - dovrà esprimersi su un nodo centrale: la definizione e l’applicazione del concetto di “Paese terzo sicuro”. A rappresentare l’Italia in aula sono l’agente del governo Sergio Fiorentino e i legali dell’Avvocatura di Stato Lorenzo D’Ascia, Ilia Massarelli ed Emanuele Feola.
Il confronto in aula davanti ai giudici della Corte di giustizia Ue tra il difensore dei migranti e i legali del governo italiano sul protocollo Italia-Albania è acceso. Nodo cruciale della contesa è l’interpretazione del concetto di Paese terzo sicuro utilizzato per giustificare il trasferimento nei centri sull’altra sponda dell’Adriatico di migranti provenienti da Paesi che l’Italia considera sicuri, come Bangladesh ed Egitto, per l’esame delle loro domande d’asilo con procedura accelerata. Una pratica già bocciata dal Tribunale di Roma, che ne ha messo in dubbio la legittimità rinviando la questione ai giudici di Lussemburgo.
“L’Italia ha tradito i principi di certezza del diritto e di eguaglianza”, ha evidenziato l’avvocato Dario Belluccio attaccando l’interpretazione di Roma del concetto di Paese terzo sicuro e denunciando una distorsione del diritto d’asilo europeo nell’inviare i migranti nei Cpr in Albania. “Il pletorico elenco del governo italiano di 19 Stati qualificati come sicuri contro i 9 della Germania è la dimostrazione lampante della volontà dei governi di piegare i diritti di asilo alle logiche del diritto dell’immigrazione”, ha osservato il legale, mettendo inoltre in luce i “veementi attacchi subiti dai giudici italiani” tesi anche “a mettere in discussione il primato del diritto dell’Unione” in fatto di migrazione. Al termine della sua arringa Belluccio si è inoltre voluto unire al ricordo delle vittime del naufragio di Cutro avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023.
La sicurezza di un Paese ha osservato invece l’avvocato dello Stato Lorenzo D’Ascia, illustrando la posizione del governo, non deve necessariamente “essere soddisfatta egualmente per tutti gli individui”. Non c’è dunque un “concetto di Paese sicuro in senso assoluto, privo di alcun margine di insicurezza personale”, ha affermato, evidenziando che si tratterebbe di una condizione “sganciata dalla realtà”. È quindi ammissibile, ha indicato ancora ancora il legale, “che vi siano eccezioni al principio di sicurezza” che “possono riguardare anche categorie di persone”.