ROMA - Puntare sui temi per saldare il fronte delle opposizioni, a cominciare dalla battaglia parlamentare sulla manovra. Questo sembra essere l’imperativo che sta dietro le cinque priorità di Elly Schlein per lanciare il campo largo oltre i veti.
E c’è chi, tra i corridoi di Montecitorio, la chiama già ‘contromanovra’. Anche se il responsabile Economia del Pd, Antonio Misani, preferisce piuttosto la dicitura “agenda alternativa di politica economica e sociale”. In ogni caso, il cantiere è aperto. Il Pd accelera sui contenuti, ma il forcing impresso da Schlein si scontra con i distinguo interni al centrosinistra e agli stessi partiti che lo compongono. Il M5s torna a chiudere ai renziani di Italia viva. Alleanza Verdi e Sinistra si dice pronta al confronto. Azione apre, anche se non tutti vedrebbero di buon occhio un ulteriore avvicinamento al Partito Democratico. Italia Viva guarda con interesse all’ipotesi, mentre il partito vive un importante momento di conflittualità interna.

I dem, invece, si schierano compatti con la leader. Dai responsabili di segreteria ai capigruppo, arriva un fiume di dichiarazioni per sostenere i cinque punti scanditi da Schlein a Reggio Emilia. “Difesa della sanità pubblica, istruzione, lavoro e stipendi, politiche industriali, diritti sociali e civili: questa è la tavolozza su cui costruire, nel Paese e in Parlamento, lo schieramento alternativo con il Pd a fare da perno”, afferma il capogruppo in Senato, Francesco Boccia. E la sfida il centrosinistra comincerà a giocarla presto in Parlamento. In attesa che la manovra prenda forma, la prima occasione per cercare convergenze sulle linee guida della ‘contromanovra’ potrebbe essere quella dell’eventuale approdo in Aula del Piano strutturale di bilancio. Il responsabile Riforme del Pd, Alessandro Alfieri, invita la maggioranza a discutere il Piano prima di portarlo in Consiglio dei ministri. 

Per Misiani, proprio una risoluzione comune delle opposizioni al Piano potrebbe essere una opportunità “per definire le priorità, dopo aver lavorato sulle convergenze con gli altri partiti, ma senza veti”. Le interlocuzioni sono all’inizio.

E dal Nazareno si consolida la posizione: “Non stiamo a discutere di veti e di nomi, ma della vita concreta delle persone, il dibattito sui nomi è scadente e scaduto”. Ma dal Movimento 5 Stelle arriva un messaggio altrettanto chiaro: “Non può esistere un campo programmatico affidabile e credibile con Matteo Renzi dentro”. 

Anche se da Campo Marzio giunge l’apertura sulle priorità. Quelle di Schlein sono parole “molto generali”, si ripete tra i vertici del Movimento, “ma per diventare un programma andrebbero riempite di proposte”. “[Siamo d’accordo sui temi] - è il ragionamento - purché se ne discuta insieme, perché l’alternativa a Meloni è un impegno collettivo”. 

Alleanza Verdi e Sinistra, con Angelo Bonelli, si dice disposta al confronto in Parlamento dentro una piattaforma di centrosinistra sulla manovra. Dentro Azione restano i dubbi di alcuni sulle alleanze future nel campo largo, ma intanto si spera che alle parole di Schlein segua un lavoro concreto su un emendamento comune. E mentre in ambienti di Italia Viva si guarda con interesse all’idea di una contromanovra delle opposizioni, il posizionamento nel centrosinistra voluto da Matteo Renzi genera il primo contraccolpo.

Luigi Marattin abbandona il partito attaccando il metodo del leader. La coordinatrice nazionale, Raffaella Paita, ribatte: “Appena Renzi ha accettato la richiesta di fare un altro congresso, alcuni degli amici guidati da Marattin hanno preferito lasciare”. Per Paita quello del metodo resta un “alibi” e incalza: “Le dimissioni di oggi confermano che la scelta di costruire un nuovo centrosinistra è faticosa per tanti di noi, ma necessaria”. 

Ed è lo stesso Marattin a chiarire le ragioni politiche della sua mossa, annunciando la creazione nei prossimi tre anni di “un partito liberaldemocratico”, a partire dalla neonata associazione ‘Orizzonti liberali’. Enrico Costa per ora non commenta, mentre Calenda dice di “avere le porte aperte”. Intanto, è guerra di numeri sui fuoriusciti da Italia Viva. Per Marattin sono già una trentina gli addii dei dirigenti locali, tra cui alcuni presidenti provinciali, ma sarebbero “centinaia” pronti a farlo. Per fonti di Iv si parla di 100 iscritti su 24mila.