ANKARA - La Turchia compie un altro passo verso il gruppo dei Brics. Oggi il ministro dell’economia Omer Bolat ha confermato che un invito ufficiale a entrare nel gruppo è stato recapitato ad Ankara, ulteriore conferma di un processo che negli ultimi due mesi ha subito una decisa accelerazione.  

Solo un mese fa il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è recato a Kazan, in Russia, dove ha preso parte alla riunione del gruppo Brics. Una partecipazione impreziosita da un bilaterale con il presidente russo Vladimir Putin. Proprio il Cremlino aveva annunciato, con toni trionfanti, la partecipazione del leader turco.  

Il cammino della Turchia verso il gruppo Brics è destinato ad avvicinare la Turchia a Russia e Cina e, nei piani di Erdogan, incrementare affari e commercio con diverse economie emergenti del pianeta. Il leader turco ha commentato che la Turchia “è destinata a un futuro prospero e prestigioso se sarà in grado di mantenere le proprie relazioni con Oriente e Occidente”.  

Ancora una volta Erdogan dimostra di potere e volere giocare su due tavoli, muoversi sia a oriente e occidente, sfruttare qualsiasi possibilità per dare respiro a un’economia in crisi. Erdogan è consapevole che rafforzare i rapporti con i Brics è un piano destinato a dare risultati a lungo termine; nel breve termine il presidente turco ha messo però nel mirino affari con Russia e Cina. 

Putin vuole rendere il nord ovest della Turchia un hub da cui smistare il gas russo e delle repubbliche centroasiatiche verso l’Europa. Il Cremlino ha confermato che l’ambizioso progetto ha occupato un posto centrale nell’agenda dell’incontro di Kazan tra Erdogan e Putin. Il gas russo, mischiato al gas di Azerbaigian e repubbliche centroasiatiche, aggirerebbe così le sanzioni e riuscirebbe a raggiungere l’Europa. La Turchia acquisirebbe una nuova importante carta da giocare con Bruxelles.  

Altra carta importante è destinata ad arrivare da Pechino. Il leader turco punta a ottenere investimenti cinesi su suolo turco per la produzione di batterie e macchine elettriche. Una mossa che permetterebbe ad Ankara di smuovere la trattativa per una unione doganale con l’UE. Bruxelles spinge infatti per la diffusione di automobili elettriche.  

La scorsa estate l’azienda cinese per la produzione di auto elettriche BYD ha annunciato un investimento da 1 miliardi di dollari per una fabbrica che mira a produrre 150 mila veicoli elettrici l’anno. I vantaggi che Erdogan punta a ottenere dall’ingresso nei Brics e dall’avvicinamento a Russia e Cina sono destinati a far acquisire peso alla Turchia rispetto all’Unione Europea.  

Erdogan ha recentemente dichiarato che entrare nell’Ue rimane un obiettivo; tuttavia, il dialogo intrapreso dal 2005 ha sofferto di continue battute d’arresto e l’unico obiettivo concreto, al momento, è l’unione doganale. Un obiettivo destinato ad avvicinarsi quando Erdogan potrà contare su un centro di smistamento di gas e sulle batterie cinesi per le auto elettriche.  

Con l’ingresso nel Brics Erdogan è però destinato anche a dover gestire il rapporto con la Nato, i cui membri non vedono di buon occhio proprio l’avvicinamento a Russia e Cina. Ma il leader turco sa di essere fondamentale nella difesa del fianco orientale, può contare sul secondo esercito più grande dell’Alleanza e con il conflitto in Ucraina ha dimostrato di adempiere ai propri compiti, anche mantenendo un canale aperto con la Russia.  

L’eventuale ingresso della Turchia nel Brics potrebbe dare ad Ankara una posizione che pochi altri Paesi possono vantare: membro del G20 e contemporaneamente di un gruppo che ne è considerato l’antagonista, partner dell’Europa, pilastro all’interno della Nato, ma allo stesso tempo interlocutore di Russia e Cina e di economie emergenti. 

Parte del gruppo Brics sono i Paesi fondatori, ovvero Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, e dall’inizio di quest’anno anche Iran, Emirati Arabi Uniti, Egitto ed Etiopia. Presto potrebbero unirsi anche Arabia Saudita, che ha ricevuto l’invito, e Palestina, che ha presentato domanda di ammissione poche settimane fa. Malesia, Tailandia e Azerbaigian hanno partecipato ai recenti summit in qualità di osservatori e che presto potrebbero presentare domanda di ammissione. 

Il leader turco ha, inoltre, affermato che la Turchia chiuderà tutti i rapporti con Israele: “Il governo della Repubblica di Turchia, guidato da Tayyip Erdogan, non manterrà o svilupperà le relazioni con Israele”, ha dichiarato, come riferisce Anadolu.  

Già lo scorso maggio aveva annunciato il blocco dei rapporti commerciali con lo Stato ebraico, a causa degli attacchi israeliani contro Gaza. “La Turchia è senza dubbio la nazione che ha reagito più duramente alle atrocità israeliane, comprese misure concrete come l’interruzione del commercio”, ha detto Erdogan. 

“Fino a quando continuerà l’invio di armi, Israele sarà ancora più aggressivo”, ha aggiunto il leader turco, mentre Ankara ha recentemente lanciato un’iniziativa presso le Nazioni Unite per imporre un embargo sulla vendita di armi allo Stato ebraico.