Quando sono arrivati qui dall’Italia, subito prima e subito dopo la seconda guerra mondiale, l’Australia era una terra che offriva grandi opportunità. Ma, riguardo al cibo, c’era poco di italiano. Praticamente nulla.

Sono stati loro, i pionieri dell’emigrazione che hanno introdotto, importato o prodotto qui, quello che serviva per la loro alimentazione. “Quando i miei nonni sono arrivati agli inizi del ‘900, non c’era nulla di italiano. Ricordo mia madre, quando eravamo bambini, preparare ogni tanto piatti di pasta con quello che trovava. Non badava molto a quale salsa preparasse, a volte ne mischiava tipi diversi”. Linda Palamara, è nata e cresciuta in Australia da famiglia di origine italiana.

Dopo aver sposato il marito, giunto in Australia dall’Italia molti anni dopo, ha avuto una rivelazione: “Ho capito quanto abbiano sofferto i miei nonni nel non avere il loro cibo. Parte della nostra famiglia vive in Italia e quando la prima volta siamo andati dai suoceri in vacanza, ho capito quali siano le reali abitudini alimentari degli italiani: pasta quasi tutti i giorni almeno a pranzo. Allora ho ripensato a mia nonna e mio nonno che hanno faticato molto ad adattarsi alla nuova cucina e a mantenere le loro tradizioni alimentari. Lo vedo anche quando i miei suoceri vengono qui. Loro non comprendono il perché di un pranzo leggero con un’insalata e, quindi, cuciniamo pasta regolarmente. Per me è stato diverso, da australiana sono cresciuta a carne e verdura, però, ora cucino bene la pasta, anche quella fresca fatta in casa”.

A cavarsela bene ai fornelli è anche Pinella Natoli così come racconta il marito Bob: “è molto brava, per questo noi mangiamo spesso pasta, almeno tre o quattro volte a settimana”. Bob è arrivato in Australia dalle isole Eolie nel 1950 quando aveva 3 anni e il papà trovò lavoro nel rimessaggio delle barche dell’allora molo di Glebe. “Per pausa pranzo portava con sé la pasta che cucinava mia mamma. Le prime volte i colleghi lo guardavano e gli chiedevano ‘che cos’è questa roba?’ Così papà cominciò a portare al lavoro una porzione sempre più abbandonante in modo da poter far assaggiare i nostri piatti anche a loro. Se ne innamorarono. In quegli anni il cibo italiano non era popolare, e ricordo la felicità di mia madre che, qualche tempo dopo il nostro arrivo, venne a sapere che c’era un negozio italiano che vendeva prodotti del Bel Paese. Le cambiò la vita. Piano piano, quando la comunità si ingrandì è si concentrò nella zona di Leichhardt, sempre più negozi italiani aprirono i battenti e l’offerta di prodotti nostrani aumentò così come le produzioni di salsa di pomodoro fatta in casa. Ci riunivamo in più famiglie per le conserve che duravano un anno”.

Che non fosse semplice trovare prodotti italiani all’epoca, lo conferma anche Salvatore Raiti che, dal 1956 in Australia, ha imparato la professione di cuoco proprio nei primi ristoranti italiani dell’epoca. “Il mio maestro fu uno chef bravissimo, Franceschini, che per anni restò ala guida della cucina del Marconi. Arrivò in Australia due anni prima di me per le Olimpiadi di Melbourne, era uno degli chef della spedizione italiana. All’epoca i prodotti del Bel Paese che si trovavano erano limitati ai soli negozi italiani, mica come oggi che ovunque vai trovi tutto. I primi tempi in Australia la pasta non la mangiava nessuno, tranne gli italiani, c’era qualcuno che comprava quella in barattolo. Poi, con il passare degli anni, la situazione si è ribaltata, gli australiani hanno cominciato a mangiare più pasta di noi italiani. Anche la mia famiglia, figli e nipoti tutti nati qui, amano la pasta e la mangiano spessissimo”.

Padre Frenk Bertagnoli concorda: “Quando sono arrivato qui dove la trovavi la pasta? Le abitudini italiane come cibo e bicchiere di vino a tavola sono arrivate dopo, grazie ai migranti che pian piano hanno diffuso la nostra cultura in questo paese”.