ROMA - L’Etruria dalla Svizzera all’Italia. È il viaggio a ritroso appena compiuto dai quattro vasi restituiti da Zurigo a Roma con una cerimonia avvenuta presso l’Istituto Svizzero, alla quale hanno preso parte l’ambasciatrice elvetica in Italia Monika Schmutz Kirgoz, il generale di brigata Vincenzo Molinese, Comandante Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, la capo servizio specializzato Trasferimento internazionale dei beni culturali dell’Ufficio federale della cultura, Fabienne Baraga, il consigliere diplomatico del ministero della Cultura, Clemente Contestabile, e Marc-Andre’ Renold, professore di diritto per i beni artistici e culturali dell’Università di Ginevra. I manufatti rientrano grazie al meccanismo della restituzione volontaria privata.

Sono già avvenute altre restituzioni da parte della Svizzera all’Italia, ma è la prima volta che la consegna vera e propria avviene nel nostro Paese. Nel dettaglio, i beni culturali che la Confederazione elvetica ha riconsegnato all’Italia sono di due tipologie. Tre vasi, databili tra il VII e VI secolo a.C. e caratteristici della civiltà etrusca sia nella loro forma che nella qualità dell’argilla utilizzata, il bucchero, corrispondono a degli arredi funerari etruschi, come quelli rinvenuti in gran numero nelle tombe di tutta l’Etruria. Il quarto vaso, invece, proviene da un contesto funerario situato nell’Italia meridionale, corrispondente all’attuale Puglia, e risale al V - IV secolo a.C. Come gli altri tre vasi, è un prodotto tipico di una cultura locale, in questo caso quella dell’area allora denominata Daunia.