“We’ll call you Jim!”. In queste quattro parole, in questa esclamazione che a qualcuno può strappare un sorriso, è in realtà racchiusa l’essenza del fenomeno migratorio che, soprattutto negli anni del secondo dopoguerra, ha spinto centinaia di migliaia di italiani a lasciare la propria terra per cercare fortuna altrove, trovando nel “nuovo continente” quell’occasione di riscatto sociale ed economico che tanto bramavano. Un’esclamazione che, probabilmente, più di qualsiasi altra può rappresentare quello spiccato spirito di adattamento che non è mai mancato agli italiani, insieme alle innate capacità di improvvisazione dinanzi alle situazioni più imprevedibili, e alla volontà di inserirsi e integrarsi al meglio nel tessuto sociale del Paese ospitante. Anche al costo di adottare un nuovo nome, nel tentativo di facilitare l’interazione e la comunicazione – del resto, una qualsiasi interazione umana profonda passa dapprima attraverso il nome, perché un volto senza nome è solo un volto tra tanti, riconoscibile ma dimenticabile. 

Jim, il nome dato dagli australiani agli italiani di nome Eustachio (in altri casi, adottato dagli stessi italiani), nome molto diffuso tra i residenti di Tocco da Casauria in quanto nome del Santo Patrono della località abruzzese, proprio perché ‘Eustachio’ risultava tanto difficile da pronunciare. We’ll Call You Jim è anche il titolo del nuovo documentario realizzato dalla regista amatoriale Anna Marino e prodotto in collaborazione con il Casa D’Abruzzo Club, un’ora di filmato che raccoglie le testimonianze e le esperienze di molti italo-australiani di seconda generazione che sono cresciuti a contatto con due culture estremamente diverse. 

“Più che passione per i documentari, sono un’appassionata di storie di emigrazione”, ha puntualizzato Marino, ai microfoni di Rete Italia con il giornalista Riccardo Schirru. “Ciascuno di noi condivide una storia personale alle proprie spalle che certamente impatta sullo sviluppo della propria persona e sul rapporto con gli altri. E io sono sempre stata interessata a questo aspetto dell’umanità”, ha continuato. 

La storia di Anna Marino è piuttosto simile a quella di tanti altri emigrati italiani che sono approdati in Australia con la loro famiglia in tenera età, fatta eccezione per una piccola parentesi che, per breve tempo, l’hanno vista, nei primi anni Novanta, dopo aver terminato il suo primo documentario, Viaggio nella dolce tristezza, incentrato sulle storie della prima generazione di toccolani che hanno emigrato in Australia, ritornare nel Belpaese per potersi dare un’opportunità proprio nella località di Tocco da Casauria: “Ma le cose lì non hanno funzionato, per cui decisi di ritornare”. 

Un’esperienza, tuttavia, che ha messo subito in evidenza alcune grandi differenze nel modus operandi di entrambe le culture: “Ricordo che molti italiani erano sorpresi nel vedermi non saper fare alcune cose, o meglio… farle diversamente. Ad esempio, noi qui in Australia facciamo la spesa una volta alla settimana, magari il sabato, mentre in Italia è molto comune fare la spesa giorno per giorno, uscire appositamente per andare a comprare ciò che avresti cucinato per pranzo o per cena”, ha spiegato Marino. 

In We’ll Call You Jim, attraverso le testimonianze di diversi intervistati, Anna Marino lascia emergere con estrema naturalezza quelle differenze culturali che i figli degli emigrati italiani di prima generazione hanno vissuto sulla propria pelle, talvolta rappresentando degli ostacoli alla vita sociale nel nuovo Paese, talvolta costituendo delle vere e proprie opportunità per mettersi in gioco. 

Se, da un lato, la maggior parte degli intervistati ha raccontato di non aver subito discriminazione di alcun tipo – diversamente, come ben sappiamo, è invece stato per gli emigrati italiani del secondo dopoguerra – il fatto che in famiglia si parlasse solamente l’italiano ha invece rappresentato un bel problema non appena si varcava la soglia di casa, dove la lingua principale era l’inglese. Le prime difficoltà nascevano proprio in ambiente scolastico, dove i bambini faticavano a esprimersi e a comprendere, ma quello è stato anche l’ambiente che ha offerto loro la possibilità di imparare l’inglese e, così, meglio integrarsi all’interno della società. 

In molti hanno ricordato il momento della merenda come il momento più curioso della giornata scolastica, capace di attirare l’attenzione dei propri compagni di classe puntualmente muniti di pancarré e Vegemite, il cui appetito veniva spesso stuzzicato dapprima dal profumo che fuoriusciva dai loro zaini, e poi dall’aspetto decisamente invitante dei loro piatti. Altri, invece, hanno sottolineato l’impostazione rigorosa del modello genitoriale italiano, che ha posto l’educazione in prima linea e che in molti casi ha vietato, a causa anche dell’iper-apprensione delle mamme del Sud, ai figli di impegnarsi in attività extracurricolari, come la danza e il nuoto, o di partecipare a feste e incontri sociali con gli amici.

Il matrimonio, i picnic e le giornate al mare vengono ricordati come momenti importanti in cui tutte le famiglie, spesso molto numerose, si riunivano, col primo che rappresentava anche una delle principali occasioni per incontrare la propria anima gemella. Per non parlare, poi, del pranzo domenicale, una vera e propria istituzione della cultura italiana e che, ancora oggi, vede numerose famiglie raccogliersi attorno al tavolo dei nonni per un interminabile pranzo. 

We’ll Call You Jim sembra essere l’ultimo documentario di Anna Marino, che ai microfoni con Riccardo Schirru ha riferito di non avere alcun altro progetto in programma. Una visione che sentiamo di consigliare a tutti, proprio perché permette di captare a fondo l’essenza della comunità italiana d’Australia e gli immensi sforzi compiuti nel tentativo di divenire parte integrante del tessuto sociale. Un documentario, tra l’altro, realizzato anche per ringraziare coloro che, più degli altri, hanno attutito i duri colpi della vita da emigrato, gettando per i nuovi arrivati le basi di un futuro migliore.   

Il documentario verrà trasmesso al Co.As.It. il prossimo 13 agosto. Fondamentale la prenotazione attraverso il link www.coasit.com.au/we-ll-call-you-jim-screening.