MILANO - Non ci sarebbe stata alcuna violazione di regole, protocolli o norme penali nelle modalità dell'inseguimento portato avanti, per circa 8 km, da parte dei carabinieri, nei confronti dello scooter con a bordo Ramy Elgaml, morto a 19 anni, e guidato dall’amico Fares Bouzidi, 22 anni, rimasto ferito. 

Queste sono le valutazioni della Procura di Milano che, intanto, continua a indagare sulle fasi finali, ossia sull’omicidio stradale – contestato al militare che guidava l’ultima macchina inseguitrice e a Bouzidi – e sul presunto depistaggio e favoreggiamento, per il quale sono indagati altri due carabinieri. 

Come previsto dall’articolo 55 del Codice di procedura penale, la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, “prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale”. 

L’inseguimento messo in atto dai carabinieri quella notte, con tre pattuglie e sei uomini, rientrerebbe in questa attività prevista per la polizia giudiziaria. 

Mentre si attende per i primi di febbraio il deposito della consulenza cinematica sulla ricostruzione dell’incidente e di quella informatica sul telefono del teste, a cui sarebbe stato chiesto di cancellare un video, i pm Marco Cirigliano e Giancarla Serafini, coordinati dall’aggiunta Tiziana Siciliano e dal procuratore Marcello Viola, hanno ascoltato un carabiniere come teste in Procura.  

Si tratta del militare che aveva la bodycam che ha ripreso le fasi del soccorso ai due ragazzi, le cui immagini sono andate in onda in una trasmissione tv. 

Gli inquirenti, da quanto si è appreso, hanno dovuto verificare se quei video della bodycam fossero depositati agli atti e il militare avrebbe riferito che erano stati consegnati. Sul punto, e sulla diffusione delle immagini ai media, sono in corso verifiche.