WASHINGTON - L’indagine, durata mesi, è stata avviata nell’aprile 2024 su richiesta di cinque sindacati statunitensi, inclusi gli United Steelworkers, sotto la Sezione 301 del Trade Act del 1974.
Secondo fonti vicine ai compilatori del rapporto, la Cina ha mirato a dominare l’industria navale attraverso sussidi finanziari, barriere per le imprese straniere, trasferimenti forzati di tecnologia e politiche di approvvigionamento che favoriscono le aziende locali. Inoltre, Pechino avrebbe artificialmente ridotto i costi del lavoro nei settori coinvolti.
Dal 2000, la quota della Cina nel mercato globale della cantieristica navale è salita dal 5% a oltre il 50% nel 2023, mentre i cantieri statunitensi, un tempo leader, sono scesi a meno dell’1%.
Il rapporto, la cui pubblicazione è attesa per i prossimi giorni, potrebbe aprire la strada a dazi o tasse sui prodotti navali cinesi.
Il portavoce dell’ambasciata cinese a Washington, Liu Pengyu, ha respinto le accuse, definendole infondate e contrarie al senso economico. Liu ha inoltre esortato gli Stati Uniti a eliminare i dazi e fermare l’uso del pretesto della “sicurezza generale” per giustificare misure contro la Cina.
Esperti concordano che il rilancio dell’industria marittima statunitense richiederà decenni e investimenti massicci. Scott Paul, presidente dell’Alleanza per la Manifattura Americana, ha dichiarato che la ripresa del settore non sarà immediata.
Intanto, il presidente eletto Donald Trump, che ha promesso ulteriori dazi del 60% sui beni cinesi, ha sottolineato la necessità di rafforzare l’industria cantieristica americana, descrivendo la dipendenza dalla Cina come “inaccettabile” per una superpotenza globale.