BEIRUT - L’esercito israeliano torna a bombardare i settori meridionali di Beirut, roccaforti di Hezbollah, dopo che nella notte la milizia sciita libanese ha scagliato una cinquantina di razzi su Safed, una delle quattro città sante ebraiche insieme a Gerusalemme, Hebron e Tiberiade, situata su un’altura di 900 metri nell’Alta Galilea. Hezbollah ha rivendicato l’attacco, che non ha provocato feriti ma solo danni non gravi a un edificio nel cui cortile era caduto un proiettile. 

L’esercito israeliano ha bombardato una zona meridionale di Beirut, nel settore sciita di Haret Hreik, meno di un’ora dopo aver diramato un ordine di evacuazione dell’area. “Vi trovate vicino a istallazioni legate a Hezbollah contro le quali l’esercito israeliano agirà in un prossimo futuro”, aveva avvertito il portavoce Avichay Adraee. Nella zona colpita era visibile un’alta colonna di fumo. L’obiettivo del raid, il primo sulla capitale libanese dopo diversi giorni, era un deposito sotterraneo di armi nella zona di Dahiyeh. 

Un altro raid su Nabatiyeh, nel Sud del Paese, ha distrutto l’edificio del comune, uccidendo almeno sei persone, tra cui il sindaco della città, Ahmad Kahil. Sarebbero 43 le persone rimaste ferite. Il governatore locale, Howaida Turk, ha parlato di “una specie di cintura di fuoco” nella zona. 

Il coordinatore speciale dell’Onu per il Libano ha sollecitato la protezione popolazione, “Oggi, gli attacchi aerei israeliani hanno colpito la città di Nabatiyeh nel Libano meridionale, ancora una volta”, ha affermato Jeanine Hennis-Plasschaert in una dichiarazione, aggiungendo che “i civili e le infrastrutture civili devono essere protetti in ogni momento”. 

Le forze armate israeliane hanno inoltre annunciato l’uccisione del capo delle operazioni dei droni di Hamas, Mahmoud al-Mabhouh, in un attacco nel nord di Gaza. Nel bollettino, l’esercito riferisce anche della morte a Jabaliya di miliziani del Movimento islamico in combattimenti e attacchi aerei, mentre a Rafah, nel sud della Striscia, ci sono raid di droni contro “una cellula” che stava pianificando attacchi.  

L’Iran, da parte sua, ha assicurato al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che risponderà in modo “deciso” in caso di attacco israeliano. Da settimane si attende la reazione dello Stato ebraico dopo l’attacco missilistico di Teheran a inizio ottobre. “L’Iran, pur compiendo tutti gli sforzi possibili per proteggere la pace e la sicurezza della regione, è pienamente pronto a una risposta decisa a qualsiasi avventura” da parte di Israele, ha affermato il ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Dopo la visita nei Paesi del Golfo e in Libano la scorsa settimana, il capo della diplomazia di Teheran si recherà in Giordania, Egitto e Turchia. 

Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha chiesto maggiore pressione sui sostenitori di Israele per porre fine ai conflitti a Gaza e in Libano durante una telefonata con il sultano dell’Oman Haitham bin Tariq, secondo quanto riferito da Teheran. 

Il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha invitato la comunità internazionale a sanzionare Israele per le sue azioni di guerra a Gaza e in Libano. “Abbiamo constatato come le parole, la diplomazia e la politica non sortiscano alcun effetto. È arrivato il momento delle sanzioni, dei boicottaggi, il momento in cui la comunità internazionale deve passare ai fatti e Israele paghi un prezzo militare, economico e politico. È l’unico modo per fermare i massacri di Israele e il genocidio a Gaza. Israele sta trascinando l’intera regione verso la catastrofe”, ha dichiarato il capo della diplomazia turca.  

Fidan, attivissimo durante quest’anno di conflitto, ha definito “un fallimento” la posizione presa dalla comunità internazionale oltre a mettere in guardia dal rischio che le operazioni in Libano e la tensione con l’Iran distolgano l’attenzione da quanto sta avvenendo a Gaza.  

La Turchia ha imposto sanzioni a Israele lo scorso aprile, prima bloccando l’export di alcuni prodotti, poi azzerando il commercio con lo Stato ebraico. Il governo di Ankara è tuttavia criticato dall’opposizione perché le infrastrutture turche vengono ancora utilizzate da compagnie internazionali private per fornire petrolio a Israele, in base ai contratti stipulati da queste con lo Stato ebraico prima del 7 ottobre 2023.