MILANO - L’inaugurazione della stagione lirica alla Scala ha registrato un nuovo record di incassi, con 2.679.482 euro, ha superato le aperture precedenti. Un risultato che suggella la Prima diretta ieri sera da Riccardo Chailly, acclamato dai presenti che gli hanno dedicato oltre undici minuti di applausi.
Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk, un’opera, mai presentata in una Prima scaligera, è stata accolta con entusiasmo dal pubblico, che ha tributato consensi anche al regista Vasili Barkhatov e alla protagonista Sara Jakubiak. Apprezzate tutte le voci del cast, dal tenore Najmiddin Mavlyanov al basso Alexander Roslavets, insieme al coro diretto da Alberto Malazzi.
Le scene di violenza e di sesso, previste dal libretto, non hanno suscitato reazioni negative, rimanendo entro un registro considerato rispettoso.
In piazza, come da tradizione, si sono svolte manifestazioni sindacali, mentre in teatro hanno trovato posto personalità del mondo istituzionale, economico e culturale.
Tra i presenti, Liliana Segre, il ministro della Cultura Alessandro Giuli, il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, il sindaco Giuseppe Sala, oltre a numerosi rappresentanti del governo e volti dello spettacolo come Mahmood, Achille Lauro e Pierfrancesco Favino.
Assenti, invece, le maggiori cariche dello Stato, dal presidente Sergio Mattarella, a Giorgia Meloni e Ignazio La Russa.
La musica di Šostakovič, ancora poco conosciuta dal grande pubblico, è stata il perno della serata. La direzione di Chailly ha guidato gli spettatori attraverso le tensioni emotive della protagonista Katerina, tratteggiando con intensità il conflitto tra desiderio, oppressione e violenza che attraversa l’opera.
Rispetto alla Lady Macbeth shakespeariana o verdiana, quella del compositore russo uccide per sete di libertà e passione, e il sottotesto sociale – una critica alla condizione femminile nella Russia di fine Ottocento, tanto che l’opera era stata censurata da Stalin – è rimasto centrale nella lettura scenica.
La regia ha trasposto la storia dagli anni 1860 alla Mosca degli anni Cinquanta, ambientando gran parte dell’azione in un ristorante e costruendo una narrazione a flashback.
La scenografia, dominata da una struttura mobile che racchiude gli ambienti privati e di lavoro, ha accompagnato le scene più crude: dalle vessazioni del suocero Boris alla relazione clandestina con Sergej, fino agli omicidi che conducono all’arresto della protagonista.
Diverso dal libretto è anche il finale: non più un lago nella steppa siberiana, ma un incendio nel ristorante, innescato da Katerina, a segnare la tragica conclusione.