ROMA - Nel processo per l'omicidio di Giulio Regeni, emerge una testimonianza che descrive le brutalità subite dal giovane ricercatore italiano durante il suo interrogatorio in Egitto.  

“Usciva dall’interrogatorio sfinito dalla tortura. Era tra due carcerieri che lo portavano a spalla, lo stavano riportando alle celle – ha detto un ex detenuto palestinese in un video di Al Jazeera, acquisito agli atti nel processo per l’omicidio del giovane ricercatore universitario –. Non era nudo, indossava degli abiti. Ho visto un altro detenuto con segni di tortura sulla schiena. A volte davano ai prigionieri altri vestiti, indossati da altri”. 

Nel corso dell’udienza, davanti ai giudici della corte d’assise di Roma, parte del video dell’agenzia giornalistica è stato trasmesso in aula. “Giulio era ammanettato con le mani dietro la schiena, con gli occhi bendati. Era a circa 5 metri da me. Indossava una maglietta bianca, pantalone larghi e blue scuro” ha detto il testimone. 

Secondo quanto spiegato dal palestinese, tra chi interrogava Giulio, oltre a diversi ufficiali, c’era anche un colonnello specializzato in psicologia. “Insistevano molto con la domanda ‘Giulio dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l’interrogatorio’. Ricordo più volte questa frase, pure in dialetto egiziano” racconta, dicendo di non sapere se Giulio abbia risposto o meno.  

Il testimone spiega che i torturatori insistevano molto su questo punto e sembravano nervosi. “Usavano la scossa elettrica e lo torturavano con la corrente elettrica. La lingua usata per interrogare Giulio era l’arabo o il dialetto egiziano” afferma. 

L’uomo spiega anche la sensazione che si provava durante la reclusione in quei centri detentivi: “Non c’era nessun contatto con il mondo esterno: la sensazione era quella di stare in una specie di sepolcro. Siamo stati sequestrati, detenuti e poi liberati senza un perché. Non ho mai avuto un processo” dichiara.