Colpiscono subito la profondità dello sguardo e la voce calma di chi ha vissuto esperienze tanto differenti da farne tesoro.

Chiunque abbia parlato con Renato Serafini saprà di quanto lui vada fiero delle sue origini, del rapporto con la sua famiglia e di quanto sia consapevole e grato di quello che ha ricevuto dalla vita, spesso frutto di importanti sacrifici. 

Diventato giocatore di football per il Fitzroy in giovanissima età, Serafini non ha mai abbandonato anche la sua seconda passione, continuando a insegnare a migliaia di studenti durante tutta la sua carriera. 

“Vorrei ringraziare di cuore i miei genitori per avermi mandato a scuola e avermi permesso così di ricevere una buona educazione – ha rivelato –. Credo che sia importantissimo avere una buona formazione perché ciò può aprire infinite porte e può fornire i mezzi per affrontare le sfide della vita. Io e i miei fratelli siamo stati molto fortunati ad avere dei genitori presenti, che ci hanno trasmesso il senso del rispetto per gli altri, per le buone maniere, l’etica di lavorare sodo, di dare sempre il massimo e di non sprecare quello che si guadagna”. 

I genitori di Renato provenivano da Baronara e Crosaro, due piccoli paesi non distanti da Marostica, in Veneto. Il padre, nato nel 1916, in gioventù passò dieci anni arruolato nelle fila dell’Esercito italiano.

Dopo l’armistizio del 1943, come molti altri, venne internato in un campo di prigionia in Germania.

“In famiglia non ha mai voluto parlare di quel periodo – ha raccontato Serafini –. Ripeteva sempre che nessuno dei suoi figli avrebbe mai imbracciato un’arma. Quando poi la guerra finì, lui con qualche amico tornò a casa a piedi”.

Dopo una mancata promessa di lavoro, negli anni successivi si vide costretto così a emigrare in Belgio come lavoratore nelle miniere e poi in Argentina, a Buenos Aires, insieme a un numeroso gruppo di connazionali.

Dopo la crisi economica che colpì il Paese, tuttavia, tornò in Italia e nel 1952, decise, insieme alla moglie e al primogenito Giancarlo, di trasferirsi in Australia. E fu proprio qui, poco dopo il loro arrivo, che venne alla luce Renato. 

I primi anni non furono facili ma passarono velocemente tra case condivise e troppo poco spaziose.

I tre fratelli Serafini in una foto da bambini. Da sinistra: Renato, Lorenzo (Laurie) e Giancarlo (Carlo)

“Quando i miei genitori arrivarono a Melbourne, abitavano in una singola casa a Charles Street, a Carlton, con un’altra famiglia – ha raccontato l’ex giocatore –. Un giorno di qualche anno fa, ci ho portato i miei figli e ci siamo meravigliati di quanto la casa fosse piccola. Ricordo di come, in quegli anni, dormivamo tutti incastrati uno accanto all’altro; non so proprio come abbiamo fatto!”.

Dopo qualche anno vissuto tra Carlton e North Fitzroy, la famiglia Serafini si trasferì a Myrtleford, in quanto al padre venne offerto un lavoro in una piantagione di tabacco, vicino a Wangaratta.

Fu un periodo spensierato, pieno di scoperte e di avventure, dove Renato ha rivelato anche di avere rischiato più volte la vita insieme al fratello maggiore, Giancarlo. 

Renato Serafini durante i suoi anni al Fitzroy Football Club

Dopo un paio di anni, tuttavia, i genitori decisero di tornare in Italia per qualche mese insieme al figlio minore Lorenzo (Laurie, anch’egli diventato successivamente giocatore di football), di lasciare i due fratelli maggiori in Australia, al fine di non interrompere la loro formazione scolastica e di iscriverli così all’Assumption College di Kilmore. 

“Per me e mio fratello questo cambiamento non fu facile da affrontare: non c’erano altri italiani oltre a noi e in più era una vita totalmente diversa da quella di paese che avevamo fatto fino ad allora. Abbiamo dovuto imparare a farci la cravatta e abituarci a indossare una divisa tutti i giorni, per esempio”. 

È proprio in questi anni, tuttavia, che entrambi i fratelli Serafini si distinsero sia nei risultati accademici sia, soprattutto, in quelli sportivi. “Da un certo punto di vista, visto che ero italiano, mi sentivo un po’ diverso dai miei coetanei; ci misi forse più impegno nelle varie discipline perché volevo dimostrare il mio valore nonostante la mia diversità”. 

L’obiettivo venne raggiunto e, mentre ancora stava frequentando l’Anno 12, la squadra dei Lions - il Fitzroy Football Club – lo notò e gli chiese di giocare nella squadra, dandogli la possibilità di partecipare alle ultime due partite della stagione in VFL (Victorian Football League) di quell’anno.

“Per me lo sport rappresentò un’àncora di salvezza perché mi fece dimenticare la nostalgia di casa”, ha rivelato Serafini che iniziò, così, la sua carriera in VFL giocando dal 1971 al 1977 al Fitzroy, nel 1977-78 nel Carlton per poi passare al Frankston e al Coburg in VFA. 

Serafini non rinunciò anche a una carriera esterna al mondo sportivo e divenne così un insegnante di scuola elementare, trasmettendo spesso ai propri studenti quello che lui apprendeva sul campo. Oltre alla prestazione fisica, infatti, sul campo si impara  anche il rispetto degli avversari, quello delle regole del gioco e la collaborazione con i compagni di squadra. 

Serafini racconta di come, durante la sua vita da insegnante, abbia purtroppo avuto a che fare spesso con episodi di bullismo e di mancata disciplina, e di come abbia cercato di trasmettere le regole del campo ai ragazzi per applicarle nella vita. “Lo sport in Australia ha una considerazione relativamente alta. Credo fermamente che, soprattutto nell’età giovanile, possa essere utilizzato come valvola di sfogo e come strumento di controllo e supporto sociale”, ha concluso l’ex insegnante.