CANBERRA – Le Camere di commercio australiane hanno inviato una lettera aperta a tutti i senatori, esortandoli a respingere la proposta riforma delle Relazioni industriali del governo.

Mentre l’esecutivo laburista intende varare il provvedimento entro la fine dell’anno, la lettera critica aspramente la tempistica del disegno di legge, definendola “assurdamente breve” e rimarcando che la riforma, se attuata, porterebbe a perdite di posti di lavoro.

Firmata dalla Camera di commercio nazionale, e quelle di tutti gli Stati e i Territori, la lettera esorta i senatori a scorporare il disegno di legge, in maniera da eliminare gli elementi più controversi della riforma, permettendo invece di varare immediatamente i cambiamenti condivisi.

“Mentre riemergono dalla pandemia, imprese ed esercizi si trovano ad affrontare aumenti energetici e dei tassi d’interesse – si legge nella lettera -, e l’ultima cosa di cui hanno bisogno è di mettere a rischio posti di lavoro con l’introduzione di affrettati regolamenti”.

Intervenendo al Congresso mondiale delle confederazioni sindacali che si è tenuto a Melbourne, il primo ministro Anthony Albanese ha escluso la scorporazione del disegno di legge, aggiungendo che annullerebbe lo scopo principale della riforma, che è quello di aumentare i salari.

Concentrandosi sull’aspetto più controverso della proposta, ovvero i negoziati su salari e condizioni di una categoria, con più di un datore di lavoro, Albanese ha detto: “Sappiamo che c’è chi si oppone ai cambiamenti, perché obietta che i lavoratori ricevano un’equa retribuzione per una questione ideologica e perché porterà alla fine del mondo. Dicono sempre le stesse cose, e si sbagliano sempre, e noi proseguiremo sulla nostra strada”.

La segretaria della Confederazione sindacale australiana, Sally McManus, ha respinto la teoria delle organizzazioni di rappresentanza delle imprese che le negoziazioni con più datori di lavoro di una categoria porterà a un aumento delle agitazioni industriali: “La misura sono gli aumenti salariali, non gli scioperi”.

Il passaggio della riforma Secure Jobs, Better Pay dipenderà dal voto del senatore indipendente dell’ACT, David Pocock, che sta negoziando con il ministro delle Relazioni industriali, Tony Burke, su una serie di questioni, non ultima la definizione di piccole impresa, che non rientrerà nei negoziati con più di un datore di lavoro.

“Una delle preoccupazioni maggiori della riforma è l’impatto che avrà sulle piccole imprese, al momento considerate tale se hanno meno di 15 dipendenti – ha detto Pocock – e che a mio avviso dovrebbero avere più lavoratori per essere incluse nei negoziati con più datori di lavoro”.

Il Senatore non ha indicato quanti dipendenti dovrebbero avere tali posti di lavoro per qualificarsi come piccola impresa; la direttrice esecutiva del Council of Small Business Organisations Australia, Alexi Boyd, sostiene che dovrebbero essere almeno 100, così come la deputata indipendente del South Australia, Rebekha Sharkie. L’indipendente di Warringah, Zali Steggall, vorrebbe invece che il numero di dipendenti aumentasse a 50 a tempo pieno.

Pocock ha comunque segnalato che non intende “barattare” il suo sostegno al disegno di legge in cambio di nuovi diritti per i Territori: “La riforma delle Relazioni industriali è troppo grande e importante; interessa troppi australiani, lavoratori e piccole imprese per mettersi a barattare”, ha detto.

Sottolineando che sarebbe favorevole dall’85 fino al 90% del disegno di legge attualmente all’esame del Senato, Pocock ha aggiunto, conversando con i giornalisti, che la sua priorità è di esaminare i dettagli e consultarsi: “Mentre i negoziati con più datori di lavoro sono il nodo ancora da sciogliere, mi preoccupa soprattutto il potere di veto accordato alle forze sociali, specialmente se c’è più di un sindacato coinvolto nelle trattative”.

Il dibattito sul disegno di legge non inizierà al Senato fino alla prossima settimana, l’ultima di sedute previste quest’anno, a meno che non vengano estese.