ROMA – Il piano di riarmo europeo spacca sia la maggioranza che l’opposizione.
Nel governo, le tensioni interne – con la Lega contraria all’investimento di “800 miliardi in armi e proiettili” – si ricompongono almeno apparentemente in una mozione unitaria approvata alla Camera, che evita di citare il termine “riarmo”. Il testo, frutto di una difficile mediazione, impegna infatti il governo a “rafforzare la difesa e la sicurezza nazionale alla luce delle minacce attuali” nel contesto europeo.
La Lega, inizialmente contraria al progetto “Rearm Europe” – anche con mozioni da presentare nei Comuni e in Ue – ottiene quindi un testo che glissa sull’argomento, mentre viene confermato il sostegno a Kiev e l’obiettivo di una pace “nel più breve tempo possibile”, seguita dalla creazione di una forza multinazionale sotto l’egida dell’ONU.
Tuttavia, le divisioni riaffiorano nelle dichiarazioni di voto, dove la Lega definisce la difesa comunitaria come impossibile, perché l’Unione è “divisa, inefficiente e governata da burocrati”. Dopo queste dichiarazioni, il Pd ha dichiarato che, alla luce di queste parole, “in un’altra epoca si sarebbe andati al Quirinale per una verifica di governo”.
Nel campo dell’opposizione, invece, le divergenze sono esplicite: sei documenti diversi vengono presentati e tutti respinti. M5s e Avs sono nettamente contrari al piano, +Europa, Iv e Azione lo sostengono apertamente, mentre il Pd mantiene una posizione critica, parlando di un piano “da revisionare radicalmente”.
Dei sette testi complessivi, passa quindi solo quello della maggioranza, con l’astensione di Azione e il voto contrario degli altri componenti della minoranza.
FdI esulta per “l’unità riconfermata”, mentre sottolinea la frammentazione delle opposizioni. Giuseppe Conte attacca la maggioranza che “non ha il coraggio di scrivere la parola riarmo”, e Avs accusa Matteo Salvini di essere “un fanfarone”.
L’incrocio dei voti aggiunge ulteriore confusione, visto che M5s e Avs si astengono sul testo del Pd, che a sua volta si astiene su tutti gli altri documenti dell’opposizione, incluso quello dei 5 Stelle, a eccezione di tre suoi deputati che votano contro.
Nel centrosinistra infuria poi la polemica dopo la richiesta del M5s di audire in Senato anche l’ambasciatore russo nell’ambito delle ingerenze straniere.
“Questo ci fa capire cosa c’è dietro la parola pace usata da Giuseppe Conte”, attacca Carlo Calenda, a cui fa eco Pina Picierno (Pd), secondo cui il M5s punta a “riabilitare l’aggressore”.
Il Movimento replica immediatamente, parlando di “polemica strumentale” e ricorda che l’iniziativa include anche gli ambasciatori di Stati Uniti, Regno Unito, Israele, Iran, India, Cina e Arabia Saudita, e persino Elon Musk. “Può essere l’occasione per porre anche domande scomode”, precisano i pentastellati.