Non è vero che ce l’ho con Sanremo, ma in Italia per la musica non può esistere solo quello”. A dirlo è Riccardo Cocciante, che durante la serata dell’ultima edizione del Festival di Sanremo dedicata alle cover ha duettato con Irama cantando “Quando finisce un amore”. “Alla musica italiana oggi servirebbero molte cose: protezione, innanzitutto, per gli artisti - prosegue -. Dovremmo anche avere più posti per fare dei concerti, adatti. Invece siamo sempre in luoghi in prestito da qualcun altro, dallo sport, ad esempio. Roma non ne ha uno degno per la musica popolare. La prova è che quando dovevamo portare qui ‘Notre Dame de Paris’, David Zard ebbe l’idea di creare un teatro, perché non si trovava un posto per 4.000 spettatori”. 

“In Italia - aggiunge - solo l’opera è l’unico tipo di musica protetto e accettato. È nostro patrimonio, assolutamente, ma dobbiamo proteggere anche la musica di oggi, che sarà quella di domani. E che non è ‘musichetta’, ma crea cose importanti”. “In Italia, poi - sottolinea - manca un’educazione di base alla musica. Se non c’è, le nuove generazioni non sapranno neanche cos’è l’opera, né conosceranno i grandi compositori”. “E soprattutto - insiste - in Italia non abbiamo un premio alla musica, come i Grammy Awards che danno riconoscenza a quello che è successo durante l’anno, perché noi cantanti siamo la punta dell’iceberg, ma sotto c’è una gran quantità di persone che lavora e che non vengono mai riconosciute. L’Italia è l’unico Paese in Europa a non avere un premio del genere”. “No, non sono contro Sanremo - ribadisce - ma quello è un concorso. Deve esistere, però deve esistere anche il premio che vada a tutta la categoria della musica”.

Riccardo Vincent Cocciante, nato il 20 febbraio del 1946 a Saigon, in Vietnam, da madre francese e padre italiano, originario di un paesino in provincia dell’Aquila, Rocca di Mezzo, inizia a suonare con un gruppo, i Nations proponendo canzoni in inglese. Deciso di dedicarsi al mondo della musica, dopo aver effettuato diversi provini, ottiene un contratto con l’etichetta discografica RCA Talent. L’etichetta nel 1968 lo fa debuttare con il nome d’arte di Riccardo Conte con un 45 giri che non lascia particolari tracce. Nel 1974 pubblica il suo primo disco firmato con il nome d’autore italiano Riccardo Cocciante. Si tratta dell’album “Anima”, che contiene i celebri bran “Bella senz’anima” e “Quando finisce un amore” (canzone che entra in classifica negli Usa). Nel 1976 incide, invece, “Concerto per Margherita”, album che include la hit “Margherita”, con la quale ottiene il primo posto in classifica in vari Paesi del Sud America, oltre che in Francia e in Spagna. Alla fine degli anni ‘70 registra “Riccardo Cocciante”, album che contiene il brano “A mano a mano”, e “...E io canto”, che include il singolo “Io canto”. 

Inizia poi una collaborazione con Mogol, che lo porta a incidere il disco “Cervo a primavera” (suo ottavo album, che contiene il celebre brano omonimo) che viene pubblicato nel 1980. Al 1985 risale un’altra sua celebre canzone, “Questione di feeling”, in cui duetta con Mina. Sale sul palco dell’Ariston nel 1991 e vince il Festival di Sanremo con “Se stiamo insieme”. Nello stesso anno duetta con Paola Turci nel brano “E mi arriva il mare”. 

Nei primi anni 2000 Cocciante si dedica ai musical e al teatro. Compone le opere popolari “Notre Dame de Paris” (ispirato all’opera di Victor Hugo), “Le Petit Prince” (solo in Francia, ispirato all’opera di Saint-Exupéry) e “Giulietta e Romeo” (ispirato all’opera di Shakespeare). Vi sono molte sue canzoni di successo riportate nel tempo alla ribalta da altri cantanti. Tra queste ricordiamo “A mano a mano” (del 1978), cantata da Rino Gaetano, inserita in un album a due con lo stesso Rino coadiuvati dal gruppo prog New Perigeo. Lo stesso brano viene inciso nel 2013 da Andrea Bocelli. “A mano a mano” viene inoltre riproposta a Sanremo 2016 nella serata dedicata alle cover, da Alessio Bernabei che la canta insieme al duo Benji e Fede (Benjamin Mascolo e Federico Rossi). “Io canto” (del 1979) viene ripresa nel 2006 da Laura Pausini, che la sceglie anche come titolo del suo disco di cover. 

“Molti la considerano musica leggera, ‘musichetta’. Maestri come Mogol o Gino Paoli non hanno mai avuto un premio. L’underground in Italia così non è aiutato, non si fa sperimentazione, perché tutto nasce ed è pensato per andare a Sanremo. Penso anche al jazz, che invece è la musica che rimarrà del nostro secolo, così come le categorie non commerciali. Ecco non siamo aiutati a esistere in quanto cultura popolare di oggi”. “Io sono nato con il rock: il mio primo disco, ‘Mu’, del 1972, era proprio un’opera rock, un genere che ho sempre molto amato, anche se poi sono andato in un’altra direzione - conclude -. Però col melodico ho sempre cercato di unire le due cose”.