Arriva all’improvviso, un movimento sbagliato e in un attimo ci si ritrova letteralmente “piegati in due”. È il blocco lombare acuto o lombalgia, più comunemente conosciuto come “colpo della strega” che, inaspettato e molto doloroso, come in un incantesimo compromette e limita i movimenti della schiena. Come riconoscerlo e affrontarlo? Viene in aiuto un decalogo, con i consigli degli ortopedici. Il blocco lombare acuto è una patologia molto frequente, basti pensare che la maggior parte delle persone riferisce almeno un episodio nel corso della vita e richiede una gestione iniziale da parte del medico di medicina generale: il trattamento solitamente prevede riposo e somministrazione di farmaci antidolorifici che risolvono i sintomi nella maggior parte dei casi. L’ortopedico interviene quando la lombalgia è resistente al trattamento conservativo o quando, effettuato un accertamento diagnostico, viene riscontrata una patologia degna di approfondimenti ed eventualmente di intervento chirurgico. In generale, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, si legge in una nota, il mal di schiena è tra le principali cause di disabilità a livello globale e, dati alla mano, una persona su 13 nel mondo, oltre 600 milioni di persone, ha sperimentato nel corso dell’anno almeno un dolore lombare. Il mal di schiena è uno dei disturbi più trascurati e costringe a stare a casa una persona su tre ogni anno, in termini di assenza dal lavoro. È importante ricordare che la lombalgia è un sintomo e non una diagnosi: molte patologie possono determinarla e non tutte sono appannaggio dell’ortopedico, anche se i problemi alla colonna vertebrale sono sicuramente i più frequenti. Nei “10 comandamenti” si evidenzia che la maggior parte dei soggetti con lombalgia può essere trattata dal medico di medicina generale, con riposo e farmaci antidolorifici volti al trattamento dell’infiammazione e delle contratture. Nella maggior parte dei casi, il trattamento conservativo migliora le condizioni cliniche e non richiede accertamenti specifici. Al persistere o peggiorare dei sintomi è opportuno controllare il rachide con una radiografia lombare e, in caso di sospetto clinico specifico, con una risonanza magnetica la maggior parte delle lombalgie origina dalla colonna vertebrale, ma alcune lombalgie possono trarre origine dagli organi interni (lombalgie d’origine extravertebrale). Fra le prime, la più frequente è dovuta a un’infiammazione della colonna, ma si annoverano anche patologie come protrusioni, ernie del disco e stenosi della colonna vertebrale; fra le seconde invece, si riconoscono malattie molto diverse tra loro come, ad esempio, coliche renali o aneurismi dell’aorta addominale. E ancora: sedentarietà, sovrappeso, mancanza d’attività fisica regolare appropriata per l’età o anche abitudine a effettuare sforzi eccessivi influiscono significativamente sul rischio di lombalgia. Modificare i propri stili di vita contribuisce a prevenirne l’insorgenza o una recidiva. Sebbene le lombalgie si riscontrino soprattutto negli adulti, la lombalgia nei ragazzi e negli adolescenti va tenuta in particolare considerazione e necessita di valutazione ortopedica per diagnosticare eventuali patologie che possono essere trattate precocemente permettendo un ritorno alla normalità. Nel caso di lombalgia insorta in seguito a cadute o sforzi fisici, specialmente nella popolazione più anziana, è opportuno considerare la possibilità di una “frattura da fragilità” della colonna lombare, associata all’osteoporosi, che richiede non solo un trattamento sintomatologico, ma anche un’appropriata analisi del metabolismo dell’osso con un trattamento farmacologico appropriato. Quando il dolore lombare si irradia agli arti inferiori, spesso si verifica una compressione di una o più radici nervose che può determinare dolore, debolezza muscolare e difficoltà alla deambulazione. In questo caso, è opportuno effettuare approfondimenti più precoci. Infine: la fisioterapia è efficace nel trattamento della lombalgia, ma richiede una diagnosi e prescrizione medica prima di iniziare un trattamento. Molto spesso, è opportuno aspettare la fine della fase acuta del dolore prima di intraprendere un percorso riabilitativo. L’utilizzo del busto può essere indicato nel soggetto con lombalgia in quanto modifica la postura e permette lo scarico della colonna vertebrale. Spesso viene indossato nelle fasi più acute del dolore, se tollerato dal paziente; non appena la sintomatologia migliora, ci si svezza facilmente dal suo utilizzo, ma può essere opportuno indossarlo quando si eseguono sforzi o viaggi in macchina, per prevenire le recidive. Generalmente il trattamento conservativo è sufficiente a risolvere la lombalgia; tuttavia, alcuni pazienti possono richiedere un intervento chirurgico per trattare la causa del dolore, come per un’ernia del disco o un restringimento del canale spinale. Affidandosi a chirurghi con appropriata formazione ed esperienza, l’intervento permette un miglioramento della lombalgia e un ottimo recupero della funzione della colonna vertebrale. 

Il falso mal di schiena

Otto su 10 cominciano a star male prima dei trent’anni, con dolore e rigidità al fondo schiena che non passano e vengono scambiati per una semplice lombalgia, curata per mesi o anni soltanto con antinfiammatori non steroidei, antalgici, e/o terapie fisiche: per arrivare alla diagnosi di spondiloartrite assiale, malattia infiammatoria cronica articolare, servono in media sette anni dall’inizio dei sintomi. Anni in cui la schiena diventa sempre meno flessibile, dalla colonna cervicale fino a quella lombo-sacrale, mentre anche altre articolazioni come anca, spalla, mani e piedi possono essere interessate dalla infiammazione, e quindi diventare dolenti con perdita progressiva della mobilità e compromissione della qualità di vita. La lombalgia infiammatoria è il primo sintomo della spondiloartrite assiale nella maggior parte dei pazienti (circa 3/4). Purtroppo, in genere viene scambiata per un “semplice” mal di schiena e la diagnosi arriva tardi, spesso quando già c’è una compromissione consistente della funzionalità con fusione della colonna vertebrale che diventa rigida e non flessibile, acquisendo l’aspetto a canna di bambù: non di rado la terapia viene iniziata in fasi già avanzate di malattia.