ROMA - “La riforma punta a rafforzare il legame tra chi vuole essere cittadino italiano e l’Italia. Essere cittadino italiano è una cosa seria”, ha dichiarato il Ministro degli Esteri Antonio Tajani durante la conferenza stampa di venerdì scorso a Palazzo Chigi, nella quale ha annunciato il decreto-legge che cambia le regole dello ius sanguinis, ossia l’acquisizione della cittadinanza per discendenza.
Sono le stesse parole pronunciate durante la sua visita a Buenos Aires, alla fine del 2024, quando aveva velatamente suggerito la possibilità du cambiamenti, con l’obiettivo – sottolineò anche allora – di garantire che la cittadinanza italiana venga concessa solo a chi ha un reale legame con il Paese, evitando che sia vista esclusivamente come un’opportunità per ottenere un passaporto dell’Unione Europea.
La riforma prevede un decreto-legge, approvato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana, e due disegni di legge che saranno proposti in Parlamento. Secondo quanto stabilito, gli italodiscendenti nati all’estero potranno ottenere la cittadinanza italiana andando indietro per due generazioni e non oltre: solo chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia sarà cittadino italiano. Gli altri non potranno più ricostruire l’ascendendenza risalendo ad antenati più antichi.
O meglio, potranno, ma con una condizione stringente. Gli italodiscendenti potranno acquisire automaticamente la cittadinanza se nascono in Italia oppure se, prima della loro nascita, uno dei genitori, cittadino italiano, ha risieduto nel Paese per almeno due anni continuativi. Come sottolineato da Tajani, la riforma sostiene il fenomeno dell’immigrazione di ritorno.
Il Ministro ha anche assicurato che chi ha già ottenuto il riconoscimento della cittadinanza continuerà a mantenerla, così come coloro che hanno presentato la domanda entro il 27 marzo 2025, che potranno portare avanti la pratica.
L’incentivo all’immigrazione di ritorno si inserisce nel contesto dell’invecchiamento della popolazione italiana, un problema che il governo sta cercando di affrontare con diverse strategie.
Tra queste, il turismo delle radici e, appunto, incentivi al rientro degli italodiscendenti. Al contrario, la politica di concessione della cittadinanza adottata negli ultimi anni non ha portato a un incremento significativo dell’arrivo di giovani.
Molti di coloro che ottengono il passaporto italiano, in particolare in Argentina, preferiscono infatti trasferirsi in Spagna (soprattutto), Germania o Svizzera, piuttosto che stabilirsi in Italia. Alcuni si soggiornano temporaneamente nel Paese, ma solo per completare le pratiche di riconoscimento della cittadinanza, per poi trasferirsi altrove, spesso cercando un luogo dove si parla lo spagnolo o si ottengono migliori stipendi.
Il decreto-legge “Disposizioni urgenti in materia di cittadinanza” è entrato in vigore sabato 29 marzo, dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Tuttavia, per diventare definitivo, dovrà essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni.
Se il Parlamento non approverà la legge di conversione, il decreto decadrà e perderà efficacia retroattivamente. Il testo può essere modificato durante il processo parlamentare, ma eventuali variazioni dovranno essere approvate da entrambe le Camere.
Il deputato Franco Tirelli (Maie, eletto nella circoscrizione sudamericana), in una conferenza pubblica, ha chiarito che esiste un’opposizione politica al provvedimento. “Noi lotteremo alla Camera dei deputati e in Senato per non farlo passare”, ha affermato.
"Il progetto di legge è ancora più restrittivo”, avverte il deputato. Uno degli aspetti più controversi riguarda la trasmissione della cittadinanza, che sarà possibile solo ai figli e ai nipoti. Non sarà possibile trasmetterla direttamente ai figli minori, a meno che non siano nati in Italia o non abbiano vissuto nel Paese per almeno due anni.
Questo punto, secondo Tirelli, è discriminatorio e incostituzionale e potrebbe essere modificato durante l’iter parlamentare o annullato posteriormente dalla Corte Costituzionale.
All’interno della stessa coalizione di governo ci sono divisioni. Alcuni deputati di Fratelli d’Italia hanno espresso dissenso, mentre la Lega ha pubblicato un comunicato ufficiale in cui si dichiara contraria al decreto. Anche il gruppo parlamentare di cui fa parte il Maie ha manifestato il proprio dissenso, chiedendo modifiche.
Secondo Tirelli, le negoziazioni saranno difficili, ma esistono margini per apportare modifiche significative.
Il decreto introduce anche riforme riguardo alla gestione delle pratiche di cittadinanza. I consolati non si occuperanno più del riconoscimento della cittadinanza, ma solo dell’emissione dei passaporti e dell’iscrizione dei figli diretti.
La gestione delle pratiche verrà trasferita a un ufficio speciale a Roma, che centralizzerà tutte le richieste provenienti dall’estero e avrà fino a 48 mesi di tempo per completarle.
A partire dal 28 marzo, i consolati non accetteranno più nuove domande di cittadinanza e i turni già prenotati sono stati cancellati. Resta ancora da chiarire se le pratiche già avviate presso i consolati saranno trasferite al nuovo ufficio di Roma.
Secondo l’avvocata Katherine Muñoz Turfo, dello studio legale Raddo, il governo ha scelto di agire tramite decreto-legge, perché molte disposizioni potrebbero essere contestate e alcune misure restrittive, già adottate lo scorso anno, potrebbero essere annullate dalla Corte Costituzionale.
L’applicazione retroattiva del decreto solleva dubbi di costituzionalità. Anche il deputato del Pd Fabio Porta (eletto anche nella circoscrizione sudamericana) ha criticato il provvedimento, definendolo un attacco agli italiani all’estero e accusando il governo Meloni di agire in modo affrettato su una materia così delicata.