BRUXELLES - È durata circa tre ore l’audizione all’Eurocamera di Raffaele Fitto, commissario designato per la Coesione e le Riforme e candidato alla carica di vicepresidente esecutivo della Commissione.

Fitto ha risposto a una serie di domande degli europarlamentari, ma il destino della sua candidatura non dipenderà esclusivamente da lui: le tre forze della maggioranza di Ursula von der Leyen, Ppe, Socialisti e Liberali, di fronte a uno stallo spigoloso e carico di tensioni, si sono viste costrette a rinviare il voto, optando per una decisione contestuale per i sei vicepresidenti in pectore. 

Il gioco dei veti reciproci, con Fitto e Teresa Ribera nella veste degli elementi maggiormente sotto attacco, hanno reso le audizioni quasi superflue. La vera trattativa sarebbe infatti sul tavolo di Ursula von der Leyen, chiamata a una corsa contro il tempo per riuscire ad avere una Commissione operativa il primo dicembre.

Il giorno dell’audizione dei commissari - oltre a Fitto e Ribera, sono stati esaminati la popolare Henna Virkkunen, i liberali Kaja Kallas e Stephane Sejourné e la socialista Roxana Minzatu - è finito così in un nulla di fatto.

Già di prima mattina era chiaro che Ppe, Socialisti e Renew non avrebbero votato né con il quorum dei 2/3 della Commissione parlamentare competente né con la maggioranza semplice dei membri, prevista al terzo scrutinio.

Non sarebbe convenuto a nessuno. Con la maggioranza semplice Fitto sarebbe passato grazie al sì di Ecr, dei Patrioti e perfino dell’ultradestra di Afd, ipotesi scomodissima per von der Leyen e ora anche per il leader del Ppe, Manfred Weber, alle prese con le prossime elezioni in Germania.  

Nella giornata di domani i capigruppo dovrebbero riaggiornarsi ed è possibile che von der Leyen veda i leader della sua maggioranza. Ma già nel corso delle audizioni la presidente della Commissione ha incontrato la capogruppo socialista Iratxe García Pérez e quella liberale Valérie Hayer, senza aver trovato un accordo preciso. 

Durante il suo intervento, Raffaele Fitto ha preso le distanze da qualsiasi posizione sovranista, sottolineando, a più riprese, il suo impegno europeista: “Non sono qui per rappresentare un partito politico o uno Stato membro, ma per il mio impegno per l’Europa”.

“Essere parlamentare europeo - ha proseguito l’eurodeputato - vuol dire essere rappresentante di una parte; essere ministro vuol dire rappresentare un Paese; essere un commissario vuol dire rappresentare l’Ue”. Fitto ha poi evidenziato come sia necessario mantenere un dialogo “aperto e costruttivo nonostante opzioni politiche diverse”.

“Le nostre diverse storie sono la nostra forza – ha sottolineato –. L’Europa è casa nostra: abbiamo la responsabilità comune per lavorare a favore del benessere dei nostri cittadini”.

L’intervento di Giorgia Meloni sul no dei socialisti, quasi per togliersi un sassolino dalla scarpa, ha preso di mira gli avversari democratici: “Trovo inconcepibile che alcuni esponenti del Pd chiedano adesso di togliere a Fitto la vicepresidenza esecutiva. Vorrei sapere da Elly Schlein se questa è la sua posizione ufficiale: sottrarre all’Italia una posizione apicale per mettere l’interesse del suo partito davanti all’interesse collettivo”.

Nel Pd, in realtà, hanno chiarito che il problema non è la competenza di Fitto, ma il ruolo apicale affidato a un membro della destra conservatrice di Ecr.

Valutazioni positive invece da parte dei compagni di partito e dell’alleato Palo Borchia della Lega, che ha dichiarato che durante la sua audizione “Fitto ha dimostrato di essere all’altezza del ruolo importante che andrà a ricoprire”, anche se, ha continuato l’europarlamentare, “vedere giochi di tattica adesso è un aspetto squalificante”.