CANBERRA - I grandi esportatori di gas saranno obbligati a destinare una quota sostanziosa della loro produzione al mercato interno, nell’ambito di un nuovo schema nazionale di riserva annunciato dal governo federale.

La misura prevede che tra il 15 e il 25 per cento del gas estratto venga messo da parte per l’uso domestico, con la percentuale definitiva che sarà stabilita dopo una fase di consultazione con l’industria.

Il ministro dell’Energia Chris Bowen ha spiegato che l’obiettivo è prevenire le carenze di approvvigionamento previste nei prossimi anni ed esercitare una pressione al ribasso sui prezzi. “La maggior parte degli australiani pensa che il gas sotto il suolo e nelle acque australiane debba andare prima agli australiani, a prezzi ragionevoli - ha detto Bowen a Canberra -. E hanno ragione”.

Il nuovo regime entrerà formalmente in funzione dal 2027, ma si applicherà fin da subito a tutti i nuovi contratti di esportazione. Il modello si ispira a quello già in vigore da tempo nel Western Australia e rappresenta una svolta soprattutto per la costa orientale, dove il mercato del gas è sotto forte stress.

Secondo l’Australian Competition and Consumer Commission, pur esistendo riserve sufficienti per almeno un altro decennio, l’offerta di gas sulla east coast potrebbe non coprire la domanda a partire dal 2028. Nel frattempo, i prezzi sono triplicati, arrivando tra i 12 e i 14 dollari per gigajoule, con effetti a catena sulle bollette elettriche e sulle industrie a forte uso di energia, alcune delle quali hanno rischiato la chiusura o hanno richiesto interventi pubblici di salvataggio.

Il ministro dell’Industria Tim Ayres ha difeso la scelta, sottolineando che una fornitura di gas sicura e accessibile è fondamentale per la sopravvivenza della manifattura australiana. “Stiamo aiutando l’industria pesante a decarbonizzare, ma non tutti i processi possono farne a meno: in alcuni casi il gas resta una materia prima insostituibile”, ha detto.

Il governo ha già informato i principali partner commerciali – tra cui Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Malesia – che, secondo Bowen, hanno compreso il quadro della riforma. La Coalizione ha però criticato l’iniziativa definendola “troppo poco e troppo tardi”, sostenendo che l’avvio nel 2027 non risolverà le carenze immediate e accusando l’esecutivo di non affrontare il problema alla radice, ossia l’insufficiente sviluppo di nuove fonti.

Sul fronte opposto, attivisti climatici come l’Australian Conservation Foundation avvertono che l’Australia non ha un problema di offerta, ma di esportazioni eccessive: circa l’80 per cento del gas viene venduto all’estero. Secondo loro, la riserva dovrebbe riallocare il gas esistente verso il mercato interno, senza aprire nuovi progetti ad alto impatto climatico.

I sindacati, invece, hanno accolto con favore la decisione. L’Australian Workers Union ha parlato di una “vittoria storica” per i lavoratori dell’industria, sostenendo che la riserva può offrire stabilità occupazionale durante la transizione energetica.

Per Bowen, il gas resta “un sostegno essenziale” nel passaggio alle rinnovabili: non una soluzione totale, ma nemmeno un elemento da eliminare del tutto.