CANBERRA - È quanto emerge da un evento tenutosi a Canberra, durante il quale vari esperti hanno espresso preoccupazione per il ritardo dell’Australia nel settore dei centri di stivaggio/gestione dei dati.
Al momento, il Paese conta 314 centri dati. Sebbene a giugno, Amazon abbia annunciato nuovi investimenti dopo un incontro con il primo ministro Anthony Albanese, Simon Dubois di KPMG ha dichiarato che “l’Australia è nella posizione di fare molto di più” e che la mancanza di investimenti potrebbe frenare la produttività nazionale.
Daniel Kearney, direttore tecnico della società Firmus, ha ricordato che un centro dati da 100 megawatt costa circa un miliardo di dollari e ha sottolineato l’importanza strategica di mantenere i dati sensibili, come quelli sanitari o finanziari, all’interno dei confini nazionali. Inoltre Kearney ha suggerito che l’Australia potrebbe trarre vantaggio economico offrendo spazio per lo stivaggio dei dati stranieri, portando ad esempio l’Unione Europea che non riesce a farlo a causa delle sue normative restrittive.
In questo momento, l’Australia non dispone di una legislazione rigorosa sull’intelligenza artificiale. In merito, Joe Longo, presidente dell’autorità di vigilanza della Australian Securities and Investments Commission (ASIC), ha messo in guardia contro l’iper-regolamentazione, invitando il governo a non reagire con misure eccessive a problemi ancora in via di definizione.
Un rapporto KPMG ha inoltre rivelato che solo il 36% degli australiani si fida dell’intelligenza artificiale, segnalando un serio problema di percezione pubblica.
Il governo affronterà il tema durante la tavola rotonda economica di agosto, dove i sindacati chiederanno misure di tutela per i lavoratori, mentre gli esperti spingeranno per un equilibrio tra la crescita tecnologica e quella etica dei dati.