Proseguono, quasi senza soluzione di continuità, gli impegni in ambito internazionale del primo ministro Anthony Albanese che, in conclusione della storica visita in Cina, volerà alle isole Cook per partecipare al 52esimo Pacific Islands Forum. E poi, a distanza di una settimana, di nuovo negli Stati Uniti, per la seconda volta in meno di un mese dopo la recente visita di Stato, invitato dal presidente Biden, ma questa volta per partecipare, a San Francisco, alla riunione dell’APEC, l’organizzazione di Cooperazione Economica Asia-Pacifico.
Un’agenda fitta di appuntamenti, insomma, con la quattro giorni cinese che, oltre alla portata ‘storica’ - prima volta di un primo ministro in visita ufficiale in Cina da quella di Malcolm Turnbull del 2016 -, ha una valenza certamente di rilievo per riequilibrare le complesse relazioni diplomatiche, ma soprattutto commerciali, che hanno raggiunto livelli molto critici durante i precedenti governi di Coalizione.
Relazioni da rimettere in sesto, in un percorso non certo facile, con qualche segnale positivo sul fronte dei dazi già arrivato da Pechino che, tuttavia, richiederà ancora del tempo e reciproci sforzi. La conferma della complessità nelle parole sia del ministro del Commercio, Don Farrell, che sta accompagnando Anthony Albanese in questa trasferta cinese, sia del suo vice ministro, Tim Watts. Quest’ultimo, ai microfoni di Sky, ha puntualizzato proprio come il lavoro su cui è impegnato il governo non sia tanto quello di rimettere indietro le lancette dell’orologio della storia, quanto quello di stabilizzare le relazioni tra i due Paesi: “Il rapporto tra Australia e Cina comporterà il perseguimento di diversi obiettivi per la Cina e per l’Australia. Dobbiamo usare tutti gli strumenti a disposizione del nostro governo e coordinarli e allinearli nel perseguimento dei nostri interessi”.
In linea con i responsabili del dicastero del Commercio, ma con una chiave di lettura più propositiva, il primo ministro, in conferenza stampa a Darwin, in procinto di volare in direzione Shanghai, ha sottolineato uno dei più rilevanti elementi su cui ruota l’importanza di reimpostare le relazioni con la Cina: “Il valore dell’export in Cina, più del 25% del totale dell’export australiano, è superiore alla somma dell’export verso Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti”. Detto questo, Albanese, dopo la cena con il premier cinese Li Qiang, primo appuntamento appena sbarcato sabato sera, ha rivendicato quanto importante sia sedersi ai tavoli con le controparti cinesi ma con una posizione quanto più possibile assertiva: “Dobbiamo cooperare dove possiamo, non essere d’accordo dove dobbiamo ma dovremo impegnarci nel nostro interesse nazionale”.
Inoltre, ha sottolineato Albanese: “Promuoverò sempre gli interessi dell’Australia, è nell’interesse nazionale dell’Australia, voglio assicurarmi che ci sia sempre impegno e dialogo. Possiamo già vedere il beneficio della stabilizzazione delle relazioni”. Il riferimento ovviamente è all’annunciata distensione sul fronte dei dazi per un approccio, quello dichiarato dal primo ministro australiano che è stato “paziente, ponderato e misurato”. Una relazione costruita, o meglio ricostruita, per far sì che gli interessi reciproci vengano evidenziati, perché “questo è il modo in cui funziona una buona diplomazia. Questo è il modo in cui funzionano le buone relazioni tra Australia e Cina. Ed è l’approccio che adottiamo nelle nostre relazioni internazionali su tutta la linea”.
E a proposito di interessi reciproci e interesse nazionale, occhi puntati anche sulla vicenda personale dello scrittore australiano Yang Hengjun, che sta scontando la pena detentiva di quattro anni e nove mesi per un presunto reato di spionaggio. “Sosterrò la necessità di risolvere il caso del dottor Yang - ha confermato le sue intenzioni il primo ministro - e mi farò sentire in merito alle questioni legate al rispetto dei diritti umani e alla natura della detenzione”.
L’impresa di questa importante trasferta cinese non è delle più semplici, ma per guardare il bicchiere mezzo pieno, è certamente un ottimo punto di ripartenza, gli ostacoli non sono pochi, visto quanto accaduto negli anni scorsi, dai casi Huawei e ZTE, sotto il governo Turnbull, a quello, già citato, del governo Morrison sull’indagine indipendente sull’origine del COVID-19.
Ci si attende una certa pressione da parte di Pechino perché l’Australia possa garantire alla Cina l’accesso al TPP, il partenariato Trans-Pacifico, l’accordo di libero scambio tra 11 nazioni affacciate sul Pacifico, ma sembra molto più probabile che, anche in ragione di una dinamica di relazioni commerciali a livello internazionale, con il congelamento dell’accordo tra Australia e Unione Europea, Albanese spinga piuttosto per rinvigorire l’accordo di libero scambio tra Cina e Australia, soprattutto per mettere solide basi che possano evitare eventuali future nuove controversie.
E mentre oggi Albanese incontrerà il presidente cinese Xi Jinping, ieri pomeriggio, come da programma, ha partecipato alla China International Import Expo di Shanghai, da cui ha ribadito quanto per l’Australia sia di primario rilievo l’Organizzazione mondiale del Commercio, quel WTO che assume un ruolo fondamentale non soltanto in fase di attuazione, amministrazione e funzionamento di accordi commerciali multilaterali ma interviene anche in caso di controversie commerciali tra Paesi membri. “Il quadro delle regole commerciali offre certezze e opportunità di fare ricorso, in caso di problemi. L’Australia e la Cina - ha detto il primo Il primo ministro dal palco durante il suo intervento - hanno prosperato proprio grazie alla certezza e alla stabilità rese possibili da relazioni commerciali basate sulle regole”.
Il premier Li Qiang, nel discorso inaugurale dell’Expo, ha confermato che Pechino continuerà a cercare di accedere ad accordi commerciali multilaterali. “La Cina starà sempre dalla parte giusta della storia e si opporrà risolutamente all’unilaterlaismo e al protezionismo. Ritenendo - ha sottolineato il premier cinese - l’efficacia di un sistema commerciale basasto su accordi multilaterali”.
Intanto, nell’interesse dell’Australia, la richiesta ben chiara di Albanese è di rimuovere, definitivamente, ogni genere di dazio imposto sui prodotti australiani. Da lì si deve ripartire per impostare un nuovo corso delle relazioni diplomatiche e commerciali con la Cina, sempre, evidentemente, tenendo ben presente le altre relazioni internazionali che ha l’Australia, in primis quella con gli Stati Uniti.
Relazioni impostate dall’Australia per cercare, più che legittimamente, di diversificare gli accordi commerciali, onde evitare di subire i contraccolpi di iniziative come quelle dei dazi imposti da Pechino che, lo ricordiamo, hanno colpito i prodotti australiani per un valore di circa venti miliardi di dollari.
Xi Jinping e l’economia cinese non sono stati certo immuni dall’impatto degli ultimi tre anni e ristabilire una relazione diretta, aperta e non conflittuale con l’Australia potrebbe essere certamente un buon viatico per far riprendere vigore anche al mercato interno. Economisti internazionali vedono infatti l’economia cinese in difficoltà nell’obiettivo previsto di crescita del 5% su base annua, con una importante crisi del settore immobiliare, calo delle esportazioni e forte calo degli investimenti internazionali. Il premier cinese, ieri, è sembrato ottimista ma è chiaramente ben consapevole che una adeguata linea di relazioni bilaterali, commerciali e diplomatiche, con l’Australia, potrebbe essere utile al suo Paese.