Le porte sono già spalancate e i proiettori pronti con i loro usuali ronzii. Direttamente dal Belpaese, anche quest’anno l’esclusivo palinsesto del ST. ALi Italian Film Festival, presentato da Palace Cinemas, ci riporta alla magia della settima arte, rigorosamente accompagnata dal rituale dei popcorn e dal buio suggestivo di una sala cinematografica.

Classici senza tempo che hanno cementificato storie d’amore, nuove proiezioni pronte a unire generazioni di nonni e nipoti: l’eclettica edizione 2023 condurrà gli spettatori d’Australia in un viaggio emozionante, a partire dal prossimo 21 settembre a Melbourne, dal 20 settembre ad Adelaide e dal 28 settembre a Perth.

Dai segreti inaccessibili del Vaticano, con il dramma storico Rapito (Kidnapped) di Marco Bellocchio, alla favola toscana de La Chimera di Alice Rohrwacher; dal bianco delle Alpi ne Le otto montagne (The Eight Mountains), con Luca Marinelli e Alessandro Borghi, alla Puglia in bianco e nero con Ti mangio il cuore (Burning Hearts), fino a una speciale retrospettiva sull’indimenticabile artista napoletano Massimo Troisi con Laggiù qualcuno mi ama (Somebody Down There Likes Me) di Mario Martone e la proiezione di dieci cortometraggi italiani – prevista in tutte le principali città d’Australia domenica 17 e 24 settembre –, a cura degli Istituti Italiani di Cultura di Melbourne e Sydney, in collaborazione con il Centro Nazionale del Cortometraggio di Torino.

Sarà l’incalzante ed elegante thriller del regista e sceneggiatore Andrea Di Stefano a inaugurare la nuova edizione del ST. ALi Italian Film Festival, L’ultima notte di Amore (The Last Night of Amore).

Uno straordinario Pierfrancesco Favino veste i panni di Franco Amore, un onesto tenente di polizia che, in trentacinque anni di onorato servizio, non ha mai sparato a nessuno e improvvisamente si ritrova perso in una rete di criminalità e corruzione, alla vigilia del suo pensionamento. Ha così inizio la notte più lunga e impegnativa della sua vita, e tutto ciò che conta sarà salvaguardare l’amore profondo per sua moglie Viviana, il ricordo del suo collega Dino e il suo ruolo di servitore dello Stato, oltre che la sua stessa vita.

Dopo due pellicole dal sapore internazionale (Escobar con Benicio del Toro e The Informer con Rosamund Pike e Clive Owen), Andrea Di Stefano ha rivolto lo sguardo verso l’Italia, ingaggiando l’attore nostrano di maggior talento e affiancandogli una sorprendente Linda Caridi – femme la cui risolutezza fa da contrappunto alla presunta debolezza del marito.

Il regista ha adottato una Milano inedita per realizzare il suo terzo progetto cinematografico, un noir che si sviluppa in un’architettura narrativa perfetta, capace di utilizzare magistralmente il tempo per comprimere gli eventi.

“Una storia come una parabola religiosa, un monito a chi tradisce la propria natura per inseguire l’illusione di una vita migliore – mi racconta Di Stefano durante la nostra intervista in videochiamata, direttamente dalla sua abitazione a Parigi –; le scorciatoie morali non sono per tutti e Franco Amore semplicemente non è progettato per espedienti così avventurosi”.

Il regista, attore e sceneggiatore Andrea Di Stefano

Un processo di scrittura quasi catartico per il regista che ha sentito di aver in qualche modo raccontato anche la figura di suo padre.

“Un uomo che ha lavorato per lo Stato per tutta la vita e che si è reso conto tardi di aver dato troppo e di aver ricevuto troppo poco – continua –. Come il protagonista, anche mio padre ha sempre avuto l’ambizione di essere un gran lavoratore. Era un ingegnere, una persona onesta, eppure non si è mai sentito ripagato. Ho infatti scritto il film con molto pathos, emozionandomi. I sacrifici, il ritirarsi sconfitti, la burocrazia che spesso premia l’astuzia: sono temi a me familiari, un déjà-vu del mio passato, quando ascoltavo le dolorose lamentele di mio padre”.

L’ultima notte di Amore ci mostra inoltre il capoluogo lombardo in una nuova luce: mentre la ‘ndrangheta si mescola alla criminalità organizzata cinese, le immagini notturne creano suspense e la luce del giorno sembra non arrivare mai.

“Durante il periodo di ricerca, mi sono confrontato con moltissimi agenti di polizia e tutti mi hanno raccontato come Milano presenti delle dinamiche uniche: per realizzare affari, gruppi criminali di diversa estrazione si uniscono come non succede in altre parti d’Italia – spiega Di Stefano –. È una città che mi ha dato la possibilità di raccontare il positivo e il negativo: la Milano scintillante, gli eventi sportivi, la moda, ma anche la Milano di notte, il sottobosco”.

Nella pellicola in programma al ST. ALi Italian Film Festival, non è solo Favino a stupire, che per il regista “è forse il più grande attore al mondo sulla scena contemporanea”, ma anche Antonio Gerardi, rinomato caratterista italiano degli ultimi anni, e Linda Caridi, “una vera scoperta”, che parte ai margini della storia e conquista il centro della scena.

“Sono tornato in Italia e ho lavorato con grandissimi artisti. In qualche modo, siamo dei ‘casinari’ organizzati. Non c’è industria, non ci sono stereotipi, siamo tutti prototipi e ognuno ha la sua metodologia – mi racconta –. Inoltre, condivido pienamente quanto affermato da Favino all’attuale Mostra del Cinema di Venezia: ci siamo stancati di vedere pellicole americane che raccontano, senza alcun rispetto, dei nostri grandi creativi italiani – Ferrari, Gucci, per menzionarne alcuni. Personaggi con accenti e comportamenti ridicoli, che gridano, gesticolano e sono ‘macchiette’ atroci. Francamente, è faticoso. Quella roba non racconta l’Italia, mostra piuttosto l’idea distorta che registi e produttori hanno del nostro Paese quando vengono in vacanza a Capri. Noi non ci permetteremmo mai di realizzare un film su George Washington e ingaggiare un cast italiano”.

“Da regista che lavora all’estero, ho presentato copioni e sono stato fermato, poco prima di girare due film, da gente che mi guardava oltraggiata perché avevo avuto l’ardire di voler raccontare della loro cultura. Mentre di noi fanno ‘polpette e fritto misto’ – continua Di Stefano –. Loro lo pretendono dagli altri, ma è arrivato il momento che l’Italia applichi le stesse regole”.

Una scena de L’ultima notte di Amore, in programma al ST. ALi Italian Film Festival 2023, con Pierfrancesco Favino (centro) e Francesco Di Leva (destra)

Con L’ultima notte di Amore, il regista stringe anche il merito di tenere alta la tensione fino all’ultima inquadratura, un’ombra confusa che ci riporta alle dinamiche narrative del genere noir e poliziesco, un finale aperto che potrebbe dire tanto e invece significa molto di più.

“Una volta lasciata la sala, spero che il finale spinga gli spettatori a continuare a parlare della pellicola – aggiunge Andrea Di Stefano –. Sono entusiasta che il film sia giunto in Australia, mi piacerebbe un giorno venire. Per il momento, continuo a scrivere; non riesco a smettere di pensare a nuove storie da raccontare”.