ROMA – Con la formula latina ‘Annuntio vobis gaudium magnum: Habemus Papam’ è stato annunciato nella serata italiana di giovedì 8 maggio, a sole 24 ore e quattro scrutini dall’inizio del Conclave, il nome del 267esimo papa della Chiesa cattolica e vescovo di Roma: l’americano Robert Francis Prevost, che ha scelto il nome di Leone XIV.
Doppia cittadinanza, statunitense e peruviana, acquisita grazie alla lunga esperienza missionaria maturata in Perù, Prevost è il secondo papa proveniente dal continente americano, il primo nella storia dagli Stati Uniti d’America e primo agostiniano.
La scelta del nome Leone XIV richiama l’ultimo pontefice dell’800 e primo del ‘900, Leone XIII, ricordato per l’emanazione, nel 1891, dell’enciclica Rerum Novarum, primo grande documento della dottrina sociale della Chiesa con cui il Papa di allora - in piena seconda rivoluzione industriale -, prese posizione rispetto ai conflitti e alle contraddizioni creati dal capitalismo.
Nato a Chicago 69 anni fa da padre di origine franco-italiana e dalla madre di origine spagnola, il neo Papa rappresenta la sintesi tra il Nord e il Sud del continente, dove ha vissuto per quarant’anni. Tra i temi particolarmente cari al Pontefice si distingue la grande attenzione per gli emarginati e nessun timore di criticare il potere, come ha dimostrato, appena tre mesi fa, l’attacco diretto al vicepresidente americano, JD Vance, per le politiche anti-migranti della nuova amministrazione. Bergogliano moderato, Leone XIV potrebbe essere il nuovo collante di una Chiesa sempre più in cerca di unità che vuole costruire ponti per la pace, perseguire il dialogo e accogliere tutti.
Cresciuto in una famiglia molto cattolica, aveva 22 anni quando è entrato nel noviziato dell’Ordine di Sant’Agostino, nella provincia di Nostra Signora del Buon Consiglio, a Saint Louis e, quattro anni dopo, ha emesso i voti solenni. Si è formato presso la Catholic Theological Union di Chicago, diplomandosi in Teologia, prima di essere inviato, all’età di 27 anni, a Roma per studiare diritto canonico presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 19 giugno 1982 e conseguito la licenza nel 1984, dopo la quale è stato inviato a lavorare nella missione di Chulucanas, a Piura, in Perù, un’esperienza che l’ha formato e cambiato profondamente.
Nel 1999 è rientrato a Chicago per alcuni anni, prima di essere inviato, sempre in Perù, da papa Francesco, nel 2014, come amministratore apostolico della Diocesi di Chiclayo.
Contemporaneamente, viene nominato vescovo titolare della Diocesi di Sufar e il 15 aprile 2020 Bergoglio lo ha scelto per il ruolo di amministratore apostolico della diocesi di Callao. Diventato cardinale nel 2023, ha assunto nello stesso anno l’importante incarico di prefetto del Dicastero per i vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. Ma, nonostante tutti i titoli e gli incarichi con responsabilità sempre crescenti, il Prevost ha affermato in diverse occasioni di sentirsi “sempre missionario”.
Durante una delle sue ultime interviste, rilasciata qualche settimana fa subito dopo la morte di papa Francesco, Leone XIV, parlando del suo predecessore, ha ricordato: “Ho sempre avuto l’impressione di un uomo che voleva vivere autenticamente, con coerenza, il Vangelo”.
Per il suo primo intervento, il neo papa ha scelto di rompere la tradizione di pronunciare il saluto a braccio e decidendo, invece, di leggere un testo preparato in precedenza. Durante le prime parole declamate dalla Loggia delle Benedizioni in piazza San Pietro, il nuovo Pontefice ha auspicato la fine delle guerre. Parlando in italiano, il vescovo di Roma ha augurato a tutti i fedeli “che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, tutte le persone, ovunque siano, tutti i popoli e tutta la terra”.
“Questa è la pace del Cristo risorto – ha proseguito –. Una pace disarmata e una pace disarmante. Umile e perseverante proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente. Ancora conserviamo nei nostri orecchi quella voce debole, ma sempre coraggiosa di papa Francesco, che benediceva a Roma”. E poi, invocando ancora la fine dei conflitti, ha invitato tutti a contribuire “a costruire ponti con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace”, ha concluso prima di ringraziare papa Francesco. Leone XIV ha quindi rivolto un saluto in spagnolo alla diocesi di Chiclayo, nel nord del Perù, dove ha vissuto per anni come missionario agostiniano: “Con grande affetto saluto il popolo di Chiclayo, che porto sempre nel mio cuore. Grazie per tutto ciò che mi avete insegnato. Anche questa missione è vostra”.
L’approccio di Prevost viene giudicato in continuità con la figura di papa Francesco e, come lui, è partito con un’impronta mariana, ricordando la festa della Madonna di Pompei e recitando un’Ave Maria per la sua prima preghiera da Papa, dedicata alla “pace nel mondo”.