ROMA - Resta aperto il nodo della governance, ossia di quella cabina di monitoraggio che il premier Giuseppe Conte aveva immaginato gestita da un vertice politico composto da lui stesso, dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e subito sotto da sei manager che avrebbero coordinato una squadra di tecnici.
Il Premier, viste le reazioni contrariate dei partiti della maggioranza, quando l’ipotesi fu presentata, lascerà infatti che sia il Parlamento a discuterne, anche se, come ribadito più volte, una cabina di monitoraggio sull’avanzare dei progetti e su come vengono spesi i soldi non è un suo pallino ma una espressa richiesta che arriva dalla Commissione europea, alla quale dunque non si potrà prescindere. Si vedrà dunque come verrà articolata a seguito della discussione in Aula. Nel frattempo, durante il Consiglio dei ministri di martedì scorso, il governo ha dato il via libera alla bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che stabilisce come saranno distribuiti gli ingenti fondi che arriveranno tramite il Recovery Fund. Un Consiglio durante il quale, lo ricordiamo, il Piano è passato con un voto a maggioranza, vista l’astensione dei due ministri renziani – Elena Bonetti e Teresa Bellanova –, che il giorno seguente hanno rassegnato le proprie dimissioni dall’esecutivo con una lettera che contesta apertamente proprio il Piano varato qualche ora prima dal governo.
Eppure, nella bozza approvata dal governo e che ora dovrà essere discussa in Parlamento forse già questa settimana, crisi permettendo, le richieste di Italia Viva hanno trovato tutte ampio spazio. Rispetto alla versione precedente contestata da Renzi, salgono infatti gli investimenti mentre scendono le risorse destinate agli incentivi, cresce a oltre 18 miliardi (dai 9 iniziali) la quota di risorse destinate alla sanità e sparisce il capitolo riguardante l’istituzione di una Fondazione sulla Cybersecurity.
Lo stanziamento complessivo previsto nel Piano ammonta a un totale di 222 miliardi. Di questi, come viene spiegato, 144,2 miliardi finanziano “nuovi progetti” mentre i restanti 65,7 miliardi sono destinati a “progetti in essere” che “riceveranno, grazie alla loro collocazione all’interno del Pnrr, una significativa accelerazione dei profili temporali di realizzazione e quindi di spesa”.
Come già anticipato, il Pnrr si articola in sei missioni, che a loro volta raggruppano 16 componenti funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del governo: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute.
Ora la parola passa al Parlamento, crisi permettendo.