MOSCA - Secondo un’analisi dello studio legale moscovita NSP, si è trattato di un processo su larga scala, che ha coinvolto aziende occidentali e imprese russe strategiche.

Nel 2022, con l’invasione dell’Ucraina, molte aziende occidentali hanno abbandonato il mercato russo. Il presidente Vladimir Putin ha risposto firmando decreti che autorizzano la confisca dei loro beni. Tra le aziende colpite figurano il colosso energetico tedesco Uniper e la birreria danese Carlsberg.

Oltre alle imprese straniere, molte aziende russe sono state espropriate o riassegnate a nuovi proprietari con motivazioni che vanno dalla cattiva gestione a presunte violazioni delle privatizzazioni degli anni ’90. Secondo NSP, i beni confiscati ammontano a circa 3,9 miliardi di rubli.

Il quotidiano russo Kommersant ha descritto questa strategia come l’adozione formale di un’economia chiusa e statalista, ben lontana dall’apertura al libero mercato adottata dopo la caduta dell’Unione Sovietica nel 1991 e, più tardi, rivelatasi disastrosa per l’economia nazionale.

Nonostante l’impatto delle sanzioni occidentali, l’economia russa ha tenuto meglio del previsto durante il conflitto, ma nel 2024, secondo il Fondo Monetario Internazionale, il suo valore nominale sarebbe sceso a 2.200 miliardi di dollari. Putin ha rivendicato che l’uscita delle aziende occidentali ha favorito lo sviluppo di produttori locali e invocato un “nuovo modello di sviluppo” indipendente dalla globalizzazione.

Negli ultimi tre anni, l’economia di guerra ha rafforzato enormemente il controllo statale, riducendo il peso del settore privato. I procuratori russi stanno ora cercando di nazionalizzare anche la partecipazione di maggioranza del magnate Konstantin Strukov nella società aurifera UGC.