Scrivo in nome e per conto degli eredi del re d’Italia Umberto II, Vittorio Emanuele di Savoia, Maria Beatrice di Savoia, Maria Gabriella di Savoia, Maria Pia di Savoia. In riferimento ai gioielli, a tutti i beni mobili personali e della famiglia dei Savoia, depositati dal re d’Italia Umberto II presso la Banca d’Italia, affinché venisse assicuratala custodia e garantita la vigilanza necessaria per la conservazione ai fini della restituzione. Voglia cortesemente la Banca d’Italia, in persona del suo Governatore, provvedere alla restituzione di quanto sopra indicato, concedendone, altresì, la contestuale visione, avendone gli eredi stessi il pieno diritto. Voglia la Banca d’Italia contattare lo studio del sottoscritto per gli accordi necessari e riservati. In difetto verranno adite le competenti sedi giudiziarie, per l’ottenimento dei diritti spettanti agli eredi”.

È pronto l’atto di citazione a giudizio e nel giro di pochi giorni sarà depositato in tribunale”, stilato dall’avvocato Sergio Orlandi in relazione alla vicenda che vede coinvolti il principe Vittorio Emanuele e le principesse Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice, eredi di Umberto II di Savoia, ultimo re d’Italia, che citeranno in giudizio la presidenza del Consiglio, il ministero dell’Economia e la Banca d’Italia per la restituzione dei gioielli della Corona, custoditi in un caveau della stessa Banca d’Italia dal giugno 1946.

Sulle cifre Orlandi non si sbilancia (“C’è un inventario, ci sono dei beni”), beni che non sono stati confiscati. “A differenza degli altri - aggiunge - questi non sono mai stati confiscati e sono rimasti pendenti. Perciò devono essere restituiti”.

“I gioielli sono custoditi fin dal 1946 presso la Banca d’Italia, che non può disporne senza un coordinamento con le Istituzioni della Repubblica coinvolte. La richiesta di restituzione avanzata non può pertanto essere accolta, tenuto conto delle responsabilità del depositario” è la risposta della Banca d’Italia, tramite gli avvocati Marco di Pietropaolo e Olina Capolino.