L’esperienza non gli manca di certo e ha sempre sostenuto la soddisfazione che gli dà battere i conservatori. Quello che non aveva mai detto, ma che ha sempre fatto e ora lo sta facendo, per necessità, con ancora più determinazione, è dare battaglia ai verdi. Sono sempre stati una spina nel fianco nel suo elettorato e lo sono stati in questi due anni e mezzo di governo con critiche e minacce continue, ultimatum, ricatti e boicottaggi vari.

Il primo ministro Anthony Albanese ha sempre cercato di evitare lo scontro aperto, accettando negoziati infiniti e concessioni varie, fino alle ultime due settimane di lavori parlamentari quando ha impresso un’accelerazione ai disegni di legge in discussione, con una punta di impegno e spregiudicatezza in più ora che all’orizzonte ci sono le urne.

 Il capo di governo ha mostrato indubbiamente di saperci fare in fatto di compromessi in corsa e proposte di certo impatto, come quella del ‘vietato ai minori di 16 anni’ dei social media - rimandando a data da destinarsi il complicatissimo come mettere in partica la buona idea che ha raccolto consensi internazionali -, ma ha soprattutto costretto i verdi ad uscire allo scoperto sul tema degli alloggi.

Ha interrotto i negoziati e lanciato il suo ultimatum all’insegna del ‘prendere o lasciare’, con tutte le conseguenze elettorali del caso. E ha vinto la scommessa. I no sono diventati sì perché Adam Bandt non poteva permettersi di alienare i suoi potenziali sostenitori, quella fascia più giovane di elettori direttamente interessata a vedere un miglioramento di qualche tipo per ciò che riguarda l’accessibilità abitativa. 

Una trentina di provvedimenti approvati all’ultima ora con l’aiuto della Coalizione o dei verdi e degli indipendenti per preparare il terreno per la campagna estiva-autunnale del prossimo anno. Senza ‘conti in sospeso’, Albanese potrà liberamente decidere se ritornare in Parlamento prima del voto o meno, se approfittare di un altro budget anticipato o accontentarsi del trampolino di lancio elettorale che potrebbe diventare l’imminente Mid-Year Economic and Fiscal Outlook (MYEFO).

L'aggiornamento economico di metà anno offrirà, infatti, al governo la possibilità di riaffermare il suo impegno per alleviare il costo della vita e ampliare i progetti di edilizia abitativa, poiché questi sono i due temi al centro del dibattito politico. E, nonostante le recenti critiche al programma "Future Made in Australia", sarà confermato il sostegno finanziario al piano che vuole essere un po’ l’asse portante della nuova economia, ‘disegnata’ da Jim Chalmers nel saggio estivo di due anni fa,  sulla quale è stata basata la politica industriale portata avanti, non senza critiche da parte del mondo iimprenditoriale, dall’ex ministro del lavoro, Tony Burke.

Un mini budget che rientrerà nella seconda fase della strategia di avvicinamento al voto, quella delle cose da fare, dopo le cose fatte che Albanese ha già ricordato nell’ultima giornata in Aula e che diventeranno una specie di mantra elettorale, arricchito dalle leggi varate la scorsa settimana (servizio a pagina 13). Il terzo fronte d’attacco riguarda direttamente l’avversario, sulla falasariga del 2022: Peter Dutton impopolare, secondo il primo ministro, esattamente come lo era Scott Morrison, un rischio quindi che gli australiani non si possono permettere di correre.

Ma questa volta non c’è un solo ‘nemico’ da combattere, c’è anche quello quasi in casa, quell’Adam Bandt, leader del nuovo radicalismo verde, da tenere a debita distanza, anche se in caso di necessità (se non ci sarà un chiaro mandato bis) rappresenterà ‘l’offerta che non si può rifiutare’ per rimanere alla Lodge. 

Albanese è comunque convinto che non ci sarà bisogno di alcun aiuto e, anche per questo, ha cercato di puntellare la posizione del partito nel Western Australia rinunciando alla promessa fatta dal suo ministro dell’Ambiente, Tanya Plibersek, di creare una  Authority per la protezione ambientale, con poteri decisionali sulle aree minerarie, che aveva messo in allarme il settore delle risorse naturali, cruciale per il governo laburista di Roger Cook, che andrà alle urne a marzo.

Massimo pragmatismo per cercare di mantenere i consensi in uno Stato che gli ha regalato la vittoria minima del 2022 e infliggere, allo stesso tempo, un’altra umiliazione ai verdi. 

La realtà dei numeri, comunque, parla chiaro: il governo non può permettersi arretramenti nel Western Australia e in Queensland e, viste le difficoltà della squadra Bandt registrata sia nelle statali del Queensland che nel New South Wales e nel Northern Territory, gli strateghi laburisti stanno facendo addirittura un pensierino per riconquistare qualche seggio (almeno un paio nel mirino) strappato nell’ultima tornata elettorale dagli scomodi ‘alleati’, per ciò che riguarda lo scambio di voti preferenziali.

Albanese ci crede nonostante il carovita, l’inflazione, il bilancio destinato a ritornare in rosso dopo due surplus ‘minerari’, i costi energetici mitigati da costosi sussidi destinati a finire, il lungo braccio di ferro con la governatrice della Banca centrale, Michelle Bullock, che non ne vuole sapere di abbassare il costo del denaro fino a quando l’inflazione ‘vera’ (quella dei prezzi senza aiuti e volatilità internazionali) non rientrerà tra il 2 e il 3 per cento (attualmente al 3,5%). 

Il primo ministro ci crede perché la scorsa settimana ha allungato la lista della cose fatte con provvedimenti che puntano sulla fascia più giovane della popolazione, quella che nella prossima tornata elettorale conterà un po’ di più di sempre (dati i numeri) e beneficerà: degli aiuti per comprare la prima casa; degli sconti sui debiti universitari HECS; dei corsi gratuiti negli Istituti professionali (TAFE); dell’aumento dei salari per coloro che lavorano nel settore dei servizi per l’infanzia. Conta quindi di diventare il primo leader di governo ad essere rieletto dai tempi di John Howard invece che il primo ad essere sconfitto dopo un solo mandato dal 1931.

Ma per rimanere in tema di precedenti storici, c’è anche da ricordare - e il dato farà piacere e dà qualche speranza extra a Peter Dutton - che ogni governo, dalla fine della seconda guerra mondiale, ha perso terreno nelle sue seconde elezioni e Albanese non ha terreno da perdere dato che la sua maggioranza è davvero minima e il voto primario dei laburisti nel 2022 è stato il più basso mai registrato e sembra essersi stabilizzato attorno, più o meno,  a quel livello (mai oltre il 32-33%). 

 Il primo ministro continua a ritenere Dutton ineleggibile. Ma I sondaggi indicano invece un netto accorciamento delle distanze tra i due leader sulla scala della popolarità (in percentuale 45 a 41 a favore di Albanese) e la Coalizione è in vantaggio, anche se di poco, sul governo su base bipartitica. Un quadro che non illude sicuramente nessuno nelle fila dell’opposizione, costretta a fare i conti anche con la difficoltà in più nei suoi collegi tradizionali della nuova realtà ‘teal’ e l’obbligo di vincere da sola, perché in caso di parità, i verdi e le stesse rappresentanti ‘indipendenti’, sponsorizzate da Climate 200 di Simon Holmes à Court, non appoggeranno mai un governo di minoranza della Coalizione.  

Albanese ha quindi due risultati su tre a disposizione, ma quella domanda che Dutton continuerà ripetere alla noia nei prossimi mesi, sta rendendo la partita sicuramente più aperta ed incerta: “State meglio ora rispetto a tre anni fa?”.