ROMA - Un vero e proprio tripudio è esploso dai banchi del centrodestra dopo che il Senato, con un voto segreto, ha affossato il Ddl Zan contro l’omotransfobia già passato alla Camera e ormai diventato provvedimento bandiera del Pd e di tutto il centrosinistra.
La cosiddetta “tagliola”, posta sul percorso di approvazione della legge proposta dal deputato Pd e in teoria sostenuta dal suo partito, dal M5s e da Italia Viva, rimanda ora in commissione il disegno di legge contro l’omotransfobia e lo condanna a ricominciare quasi da zero il suo percorso di approvazione, in un limbo che durerà almeno altri sei mesi.

Per il Pd e per il centrosinistra si tratta di uno smacco amarissimo, con strascichi e sospetti che avveleneranno il clima nei prossimi mesi anche in vista dell’elezione del Presidente della Repubblica, perché mina la fiducia tra le forze politiche di centrosinistra e fornisce alla destra una prova del proprio peso specifico all’interno di Palazzo Madama. Un peso specifico che tuttavia non sarebbe stato tale senza il sostegno di un nutrito numero di franchi tiratori proprio dalle fila del centrosinistra e ai quali ora si sta cercando di dare la caccia.

Stando ai numeri, infatti, il voto di mercoledì, passato con 154 voti a favore a fronte di 131 contrari e 2 astenuti, evidenzia la defezione di almeno 16 senatori del centrosinistra che nel segreto dell’urna sarebbero passati dall’altra parte. Tutti adesso puntano il dito su Italia Viva di Matteo Renzi,  che non era presente in Aula per degli impegni ancora a Ryad, in Arabia Saudita, ma qualche tradimento c’è stato anche all’interno dello stesso Partito Democratico e si dice un paio persino nei 5 Stelle.

Un segnale ulteriore del fatto che il segretario del Pd Enrico Letta non controlla saldamente i gruppi parlamentari, cosa della quale si era probabilmente accorto lui stesso qualche giorno prima della votazione, quando, dopo aver per settimane puntato i piedi sul testo della legge negando qualsiasi compromesso al ribasso, aveva infine aperto a un accordo per permettere l’approvazione del disegno di legge. Una mossa disperata tentata in extremis che tuttavia non ha funzionato e che ora mette in discussione anche la sua stessa autorevolezza all’interno del partito.

Fatto sta che il voto di mercoledì rischia ora di spaccare di brutto anche la maggioranza, con una sua parte, Lega, Forza Italia e forse Italia Viva, che hanno appoggiato la tagliola voluta sì dal Carroccio, ma anche dal partito di opposizione Fratelli d’Italia e l’altra, Pd e M5s, che si rende conto di quanto i numeri, almeno al Senato, siano precari, alimentando così le voci di chi all’interno non ha mai davvero digerito l’alleanza che Letta e Conte hanno rinsaldato anche in un pranzo riservato all’inizio della scorsa settimana.

Tanto che c’è chi, come Ignazio La Russa (Fd’I), parla già di nuova maggioranza di centrodestra. Ed è un altro avviso, in vista del Quirinale, che non passa inosservato. Perché che ci sia qualcosa che bolle in pentola si legge anche nelle parole deluse di molti dem, sempre più sospettosi verso Renzi e i suoi rimasti nel Pd. “La cosa che mi ha impressionato - dice amaramente Valeria Fedeli riportata dal Fatto Quotidiano - è che loro erano sicuri di vincere, da ieri ci dicevano che al voto ce l’avrebbero fatta. È come se sapessero già nomi e cognomi”. Da oggi nel Pd sarà difficile dormire sonni tranquilli.